Francis Bacon

 

Bacon

 l’ultimo dei grandi maestri del Novecento

 

 

Bacon_FrancisMilano – A Palazzo Reale di Milano fino al 29 giugno 2008, “Bacon”, l’ultimo dei grandi maestri del Novecento. Una grande mostra antologica a lui dedicata mancava in Italia dal 1993, questa, apre le celebrazioni che si susseguiranno per tutto il 2009, anno del centenario della nascita ( Dublino 1909 – Madrid 1992 ).

Francis Bacon al limite della deformazione fisica, morale sociale, ma non al limite dell’Arte, anzi da qui nasce una pittura non – figurativa, ma neanche astratta, bensì figurale. È la pittura di Bacon, una pittura di personaggi, di figure collocate nel campo del quadro in modo tale che risultano ben isolate. Le posiziona in cubi, sopra rotaie o barre, una condizione di isolamento necessaria per evitare qualsiasi carattere illustrativo, narrativo, figurativo. Per Bacon la pittura non deve rappresentare, ma è in quanto esistenza e non trascende che da se stessa.

Questa mostra attraverso ottantadue dipinti che comprendono dittici e trittici,  una quindicina di disegni e altrettanti oggetti che fanno parte del materiale d’archivio, è un viaggio tridimensionale nel torbido, tormentato, inquieto, sotterraneo mondo di Bacon. La sua personalità complessa si muove in una sensibilità dolorosa, lacerante, profondamente “toccata” da una vita esasperata; Bacon è l’estrazione del drammatico, la forma pura della disperazione nella sua fase più straripante, è l’orrore della realtà nella deformazione fisica dei suoi soggetti. Sin da giovane manifestò, una passione artistica per la malattia, la mutilazione, la deformità. Nel suo studio centinaia di foto su questo tema, sono diventate punto di partenza di molti lavori, non sono riproduzioni di quel che si vede, ma immagini di ciò che l’uomo moderno vede, un filtro posto tra l’occhio e la mano del pittore. Una sinuosa e pericolosa realtà che vive sottopelle e che Bacon lascia affiorare crudamente, non crea l’orrore ma lo trascrive, nella carne famelica, nel sangue vivido, nei brandelli di corpi, nelle carcasse che penzolano dal macellaio come lingue di male che implodono nell’animo umano rivestendo il corpo di acidità deformante.

Bacon sembra essere vissuto da una condizione tormentata, estraniante, è una fragile anima investita dal mondo e il mondo a sua volta viene trasferito su tela. L’uomo, la vita, la vulnerabilità della condizione umana, nel movimento tellurico di un ritmo sfrenato, si compongono e si scompongono creando un Arte che è un pugno nello stomaco, violento, dolorante, atroce e amaro capace di  far sentire il sapore della bile, un’autentica forza d’urto che colpisce la sensibilità emotiva e ricade con tutto il suo peso sulla tensione emozionale spezzettata e seghettata in cuspidi isolati.

Sulla tela l’inconscio di Bacon vive la vita, proietta la sua ombra nell’istantanea di quel preciso momento, l’unico attimo fugace nel quale la mano, la mente, l’occhio sono lo strumento della realtà, tanto reale nella sua curva deformata, tanto irreale nella sua apparenza deformante.

Nei ritratti non dipinge volti, dai quali rifugge in quanto sede dell’anima, ma teste, in esse lo spirito è corporeo, vitale, è spirito animale. L’animalità dell’uomo è una costante, tratti umani e tratti animali in una contaminazione che genera “carne”, forse orripilante allo sguardo, ma profondamente Arte nella sua macellazione. Fra uomo e animale vi è un’identità di fondo, una somiglianza; il sentire dell’animale diviene il sentire dell’uomo nel corpo inteso non come carne, muscoli e nervi, ma come vibrazioni, onde, elementi sensoriali in grado di tracciare soglie e livelli, un movimento interiore intensivo “un’isteria del corpo”, Bacon l’avverte in ogni organo che trasuda forza nel suo movimento frenetico, ed ancora una volta, prendendo spunto dalle fotografie di animali in movimento, traccia l’azione in quella realtà isterica del corpo, sono torsioni, sdoppiamenti, vortici nella variazione temporale e spaziale.

BaconFrancis Bacon giunge alla pittura tardivamente dopo un passato da designer, abbraccia lo stile cubista come rivelano “Interno di una stanza” o “Figure in un giardino”, realizzate nel 1936. Ma nulla lascia presagire il cuore pulsante della sua pittura che lo renderà unico e irripetibile.

Nel 1945 la prima uscita ufficiale sulla scena inglese, con una memorabile esposizione alla Lefevre Gallery di Londra insieme a Henry Moore e Graham Sutherland. I suoi “Tre studi per figure alla base di una Crocifissione”, figure disumane sull’orlo dell’angoscia più cupa in sfondi agghiaccianti e sconcertanti, segnano la svolta sulla scena internazionale completamente rivolta verso l’astrazione lirica e verso la nuova avanguardia americana.

Gli Studi di figura (1945-1946), le serie delle Teste (1949), e dell’Uomo in blu, sono figure spettrali, entità sfuocate in uno smarrimento latente che ci conduce fino  al  Ritratto di papa Innocenzo X di Velázquez, uno dei quadri più importanti della storia. Bacon smaterializza, altera, frantuma, l’immagine perfetta dell’artista spagnolo, perchè solo così si può ottenere un’immagine reale, vera e autentica da restituire al XX secolo. Uomini d’affari in abiti eleganti e papi, nella loro desolante verità interiore, appaiano sotto la luce di Bacon non concedendo nessun sconto ai sentimentalismi, amici come Henrietta Moraes, Isabel Rawsthorne, George Dyer o il grande pittore Lucian Freud, spogliati di tutto divengono l’indagine interiore di loro stessi.

L’esistenza interiore è un groviglio, una tensione che si spinge nell’espressione fortemente tragica dell’umano nei Trittici degli anni ‘70, come raccontano “Tre studi di uomo di spalle” dal Kunsthaus di Zurigo e il “Trittico” proveniente dalla National Gallery di Canberra. La parola “umano” assume un carattere estremamente significativo mentre si infrange nell’ombra della vita: la morte.

Lo sfondo indietreggia, la forma fa un passo avanti, è un lento, graduale dissolvimento dell’essenza, la musica interiore compone con Bacon, la sua ultima sinfonia, ricca di scordature e attacchi selvatici in alternanza, suoni che sembrano arrivare dall’altro capo dell’universo.

A prima vista è facile definire questa pittura uno schiaffo alla bellezza, ma è lo stesso Bacon a indurci verso una lettura più profonda: << come si può competere con l’orrore che pulsa quotidianamente nella realtà >>, se non con il delirio delle forme, i sensi qui reagiscono, il senso della vita, invece rimane immune al delirio della società. 

 

 Opere:

Studio for Portrait of Lucien Freud ( 1965) – olio su tela 33,5 x 30,5 cm

Taiwan, Yageo Foundation

Oedipus and the Sphinx after Ingres ( 1983), olio su tela: 198x 147,5 cm

Lisbona, Museu Berardo

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
09/04/2008

 

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