La storia dell’Imago Pietas


Una mostra al Museo Poldi Pezzoli affianca icone medievali a capolavori di Giovanni bellini per illustrare lo sviluppo di una delle immagini più toccanti del Cristianesimo

di Marco Bona Castellotti

BelliniMilano – La mostra in corso al Museo Poldi Pezzoli si concentra intorno a una tavola di Giovanni Bellini recentemente restaurata da Paola Zanolini, un Imago Pietas (immagine nella pietra), nella quale Crisro è ritratto in posizione frontale, stante nel sepolcro e con le mani incrociate.
Sul tema della raffigurazione della Pietà e le sue implicazioni teologiche e liturgiche, gli studi recenti sono dilagati a partire da quelli fondamentali di Millet,Panofski e Belting. L’imago del Cristo passo, solo o affiancato dalla Vergine e da san Giovanni Evangelista, oppure confortato da due o più angeli, trae ispirazione dai Vangeli, dallo stupendo libro di Isaia, riletto in tempo di quaresima, dai salmi o dai testi dei padri che sono quelli meno compulsati perché più difficili. Tanta materia ad adepti e non quanto complesso l’argomento sia e quanto insidioso l’argomentare.

A differenza delle fonti figurative d’ispirazione bizantina, la magnifica tavola belliniana, oggi chiaramente godibile, riluce nel suo naturalismo occidentale e la tristezza del Cristo Psso è come velata da una ineffabile serenità. Così il pittore veneziano oltrepassa la dimensione puramente devozionale dell’icona e perviene a una religiosità meno distaccata, di cui è immediato farsi partecipi.

La folta presenza in area veneziana di dipinti medievali con la Pietà d’ispirazione bizantino-adriatica è ben testimoniata nella mostra da una quadro trecentesco proveniente da Torcello dove l’imago di Cristo morto è parente stretta di quella dell’<<uomo dei dolori>> che discende concettualmente da un passo di Isaia. Nella tavola di Torcello Maria e l’Evangelista sono messi su un piano di inferiorità rispetto al Salvatore che giganteggia. La chioma sciolta sulle spalle è simile,più che alla versione del Cristo del Pldi Pezzoli, a quella autonoma del museo di Rimini ( esposta) che Bellini dipinse verso il 1475. Sul capo croce della tavola di Torcello si legge il ome di Gesù Cristo in greco, che sostituì l’iscrizione più antica e orientale di <<Re della Gloria>> anch’essa soprastante l’<<uomo dei dolori>>. Ma per quali ragioni si volle menzionare un titolo sfolgorante come è quello di Re della Gloria e quali sono i motivi del suo sussistere nel punto meno appropriato al suo trionfo, vale a dire sopra la croce? Per l’inconcepibile unità in Cristo della somma umiliazione del sacrificio e della sua gloriosa risurrezione e ascensione.

Nell’impulso di comprendere il valore di simile coincidenza va considerata una jattura il fatto che, nonostante la richiesta della direttrice del Poldi Pezzoli, Annalisa Zanni e di Lavinia Galli, sia stato negato il prestito di un’opera che è conservata in Santa Croce di Gerusalemme a Roma: l’icona in micro mosaico di san Gregorio, un oggetto di pochi centimetri, di manifattura pugliese o sinaitica, databile agli inizi del Trecento. Qui si legge ancora l’iscrizione<< Il Re della Gloria>> che è da mettersi in relazione con il salmo ventitreesimo: << Chi è questo Re della gloria>>. Il modello di Santa Croce in Gerusalemme venne divulgato da una stampa quattrocentesca d’autore nordico in Europa e a Venezia e la fortuna di questa iconografia consistette nel fatto che l’<<uomo dei dolori>> era,,per tradizione, apparso miracolosamente <<sotto le speci della Pietà>> a san Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa, mentre celebrava la messa. Esiste poi un testo del quarto secolo,L’omelia sulla Ascensione di Gregorio di Nissa che ebbe enorme diffusione anche in occidente e certamente era noto anche a san Gregorio Magno.
Nell’omelia il Nisseno descrive il momento in cui Cristo è asceso al cielo coperto ancora dei segni della Passione, un particolare profondamente radicato nel pensiero cristiano orientale, ma è talmente sfigurato dalla piaghe che gli angeli non lo riconoscono e non lo vogliono lasciare entrare. Segue la recita dei versetti centrali del Salmo 23 e solo dopo che una voce, alla domanda dio chi quell’uomo sfigurato sia, risponde<<il Re degli eserciti e il Re della Gloria>>, gli angeli cedono e lo lasciano passare.

E’ raro trovare una fonte letteraria dove sia evidenziata la connessione fra la passione la gloria di Cristo in modo tanto rilevato da rendere legittima l’ipotesi che forse in Gregorio di Nissa sia da riconoscere una delle fonti che ispirano in tempi remoti l’iscrizione<<il re della Gloria” che compare sopra la testa dell’<<uomo dei dolori>>.
( “Giovanni bellini dall’icona alla storia” – Milano, Museo Poldo Pezzoli, fino al 25 febbraio 2013- Catalogo Alemandi) .

di Marco Bona Castellotti
    (10.12.2012)
Tratto dal Quotidiano Il sole 24 del 9.12.2012

Immagine: Giovanni Bellini “Cristo in pietà sorretto da quattro angeli, 1470 circa, tempera su tavola- Iscrizione “Joannes Bellinus pingeba”t>> Rimini, museo della città

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