Cristina Zavalloni

Jazz, musica contemporanea, classica, composizione, è la vita dei miei sogni. L’incontro con il musicista olandese Louis Andriessen uno dei più importanti compositori viventi, è stato fondamentale, determinante. 

di Antonella Iozzo 

Cristina-Zavalloni-byBarbaraRigonTorino – Cristina Zavalloni, la forza dinamica di un carattere passionale, la flessuosa cadenza di una personalità musicale che si libra nella voce, nell’interpretazione, nella composizione. La musica è la sua vita, il suo soffio vitale virato dal talento e dalla professionalità e da … un sorriso molto comunicativo che ci trasmette la magia del fare musica insieme. Un feeling che la lega alla sua band prima durante e dopo ogni esibizione.
Cristina Zavalloni cosa presenta nella Vocal night del Torino Jazz Festival?
Presento insieme alla Radar Band il mio ultimo CD “La donna di cristallo” uscito nell’ottobre scorso. È la band che più adoro, sono, infatti, musicisti eccezionali capitanati da Cristiano Arcelli che ha curato l’arrangiamento delle mie composizioni. Fin dall’inizio abbiamo portato avanti insieme questo progetto lavorando a quattro mani con ottimi risultati. Ascoltare per credere.
Non solo jazz ma anche musica contemporanea, classica e composizione …
Si, adesso, infatti, sto cantando “The Rape of Lucretia” di Benjamin Britten al Maggio Musicale Fiorentino.
Stili differenti come convivono in Lei?
Con naturalità, è la vita dei miei sogni.
Quando la Zavalloni scopre la musica?
Ho iniziato da piccola cantando in casa con il mio papà quello che capitava. Si passava dalla sua musica, perché è un musicista, a quella della Fitzgerald, fino ad arrivare a Tchaikovsky , studiavo allora danza classica. In seguito intrapresi gli studi di chitarra, poi di pianoforte, a diciotto anni, quando la voce era sviluppata, entrai in conservatorio. Nel frattempo il jazz era entrato nel mio mondo, a 16 anni frequentavo i club, studiavo gli standard e avevo conosciuto molti musicisti jazz. E’ iniziato tutto insieme ma da subito mi è apparso chiaro che ero attratta da un certo tipo di sonorità, di complessità armonica, dall’estetica Stravinskyana, dalla sua tipica spigolosità. Sono stata letteralmente rapita, per esempio, dall’ascolto dell’ Histoire du soldat, ne ero totalmente affascinata, e tutto questo lo ritrovato in un certo jazz come in un certo tipo di pop.
Nel 2010 è negli Stati Uniti, il tour tocca New York dove si esibisce per la prima volta alla Carnegie Hall cosa ha significato per lei?
Ci sono stata nel 2010 e nel 2011. Ho cercato di viverli nel modo più naturale possibile, anche perché se creiamo un’ impalcatura di sacralità intorno ad una determinata sala poi arriviamo al momento del concerto in preda al panico. Sono stati dei bellissimi concerti che fanno parte di un tour che ha toccato sale altrettanto importanti ma ho vissuto tutto con grande tranquillità.
La Zavalloni si emoziona su ogni palcoscenico?
Si, sono contenta, eccitata. Mi capita, invece, quando lavoro su cose nuove di essere tesissima alla prima prova più che alla prima dell’opera, cioè nel momento in cui per la prima volta mi misuro, davanti ai miei colleghi con uno spartito che ancora non ho completamente elaborato, non ho incamerato.
Qual è stato, musicalmente parlando, l’incontro fondamentale della sua vita?
L’incontro con il musicista olandese Louis Andriessen, uno dei più importanti compositori viventi. È stato lui ad aprirmi le porte di molti teatri internazionali, era, infatti, sua l’opera “ La Commedia” con la quale varcai le soglie della Carnegie Hall, è stato sempre grazie ad Andriessen che nacquero collaborazioni con molte orchestre, e poi è stata una grande guida umana. Io, ho un papà musicista che mi ha molto seguita ma con un padre si creano sempre dei conflitti, è una figura troppo intima ed ingombrante, mentre una figura esterna come lo è stata quella di Andriessen, che è sempre paterna perché le età erano simili, era per me più oggettiva. Intorno ai 20, quando si attraversa una fase delicata, quando sei piena di domande, hai bisogno di una guida, di una mano che ti sostenga senza limitarti. Lui mi ha fatto capire che ero sulla strada giusta, è stato il primo a dirmi : “ si te stessa, fai quello che senti, non smettere mai di scrivere, non smettere mai con il jazz perché è la tua anima”. E’ stato prezioso, lo ringrazierò per tutta la vita.
Se non avesse fatto la musicista?
Penso che sarei stata una donna disperata, molto problematica che avrebbe reso ricchi diversi analisti. Noi musicisti siamo un po’ visionari, dentro di noi continuamente vive un intenso ribollire che deflagra in un magma di passioni e pulsioni, noi abbiamo delle intuizioni, e viviamo per metterle in pratica, se tutto non trova via d’uscita, procura dei danni irreparabili. L’arte, in generale è molto terapeutica è un richiamo micidiale, ti può arricchire, cambiare, salvare la vita, ma anche distruggere.
Il lato più gioioso della musica?
Suonare con le persone che ami
Il rapporto con la sua band?
Familiare, dovendo trascorrere giornate intere insieme diventa molto intimo. Se non fosse così sarebbe molto dura.
Il suo sogno?
Continuare a fare questa vita il più a lungo possibile.
Ama la cucina?
Adoro la cucina orientale.
Il suo piatto preferito?
I ravioli cinesi a vapore.
La Zavalloni in tre aggettivi.
Lunare, dinamica, passionale.

di Antonella Iozzo©Riproduzione Riservata
                   (09/05/2013)

Immagine: Cristina Zavallonei by Barbara Rigon 

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