La Butterfly di Puccini nel Giappone contemporaneo

  

 

Sul palcoscenico del teatro Regio

la messinscena di Michieletto

 

 

Madama_ButterflyTorino – Secondo titolo in cartellone per la stagione del Teatro Regio di Torino, Madame Butterfly di Giacomo Puccini, tragedia giapponese in due atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa. Esotismo anni 2000, per una storia dura e scandalosa che cesella le emozioni lasciando ampio spazio alla riflessione sui rapporti fra  i popoli, fra l’Oriente e l’Occidente.

L’Orchestra e  il Coro del Teatro Regio sono diretti da Pinchas Steinberg, interpreti Hui He / Cio-cio-san, Massimiliano Pisapia /Pinkerton, Simone Alberghini /Sharpless, Giovanna Lanza /Suzuki, Riccardo Ferrari / zio bonzo.

Il giovane regista veneziano Damiano Michelietto legge Puccini con la lente della contemporaneità e colloca l’intera vicenda nel Giappone di oggi. Giganteschi  cartelloni pubblicitari sovrastano il cubo di plexiglas, casa dei sogni, degli incubi, casa – prigione, nido d’amore trafitto, dimora dove Cio-cio-san aspetta il ritorno del suo amato Pinkerton che nel finale ricomparirà non su una nave bianca ma su una fuoriserie bianca.

Nella messinscena di Michieletto, non ci sono dubbi, è una vicenda di turismo sessuale, un’amara verità che richiama lo spettatore alla realtà strappandolo al tepore consolatorio di una favola capace di cullarlo nella propria poltrona.

Cio-Cio-San  ragazza di quindici anni caduta in miseria, viene venduta da un sensale all’ufficiale della marina degli Stati Uniti, Pinkerton,  che sbarcato a Nagasaki, per vanità e spirito d’avventura, la sposa secondo le usanze locali, “ufficializzando”, così una squallida compravendita. Madama_Butterfly_-_Hui_HeDopo un mese Pinkerton ritorna in patria abbandonando la giovanissima “mogliettina”. Ma questa, forte di un amore ardente e tenace, pur struggendosi nella lunga attesa accanto al bimbo nato dal loro matrimonio, continua a ripetere a tutti la sua incrollabile fiducia. Pinkerton, dopo tre anni, ritorna, accompagnato dalla  vera  moglie, ma solo per portare con sé il bambino, della cui esistenza è stato messo al corrente dal console Sharpless, ed educarlo secondo gli usi occidentali. Soltanto di fronte all’ evidenza concretizzatesi nelle vesti di Kate, donna americana, moglie del suo uomo, l’illusione di Butterfly svanisce completamente spegnendosi nel silenzio del suicidio.

Tra la fine dell’800 ed i primi del ‘900 il Giappone si stava affacciando sulla ribalta politica internazionale e la guerra russo-giapponese del 1905 sancirà questa volontà di emergere del paese orientale. Una suggestione esotica che stimolò la fantasia musicale di Puccini portandolo ad esplorare musicalmente questa terra incantata e misteriosa, delicata e terribile. L’opera risulta di conseguenza imbevuta di sfumature, di coloriture orientali alle quali si affiancano gli accenti diatonici occidentali. Una partitura potremmo dire sinfonica che sublima la tenera storia della giapponesina sedotta, abbandonata e suicida. Vicenda umana che consentì a Puccini di esplicare tutta la sua capacità di commuovere richiamando la forza dei sentimenti.

Stessa trama, stessi personaggi, stesso luogo, l’Oriente, ma in una trasposizione temporale che lo colloca ai giorni nostri e sul palcoscenico del teatro Regio, l’evoluzione tragica del personaggio diviene  una sequenza di situazioni intime vissute nella forza dell’illusione, il cui unico denominatore è l’amore. Amore che salva Butterfly dalla miseria, amore che nutre il suo bisogno di donna –bambina, amore che libera le sue ali di farfalla nel cielo del grande paese americano, amore per il quale Cio-Cio-San  rinuncia alla religione avita per donansi completamente all’uomo occidentale e che causa il ripudio di parenti e amici. Amore fatale quando l’infimo potere del denaro, del ricco avventuriero arrogante ed egoista lo mercifica riducendolo a gioco di piacere. 

Madama_Butterfly_2Volti di una stessa anima, quella Cio-Cio-San, che  il notevole registro acuto del soprano cinese Hui He  lambisce con sensibile e vigoroso temperamento, non a caso  il Wiener Zeitung l’ha definita, dopo l’intensa esibizione alla Volksoper di Vienna, «la migliore Butterfly che si possa desiderare». La forza piena di mordente e la scaltra interpretazione del tenore Pisapia conferiscono a Pinkerton le sprezzanti qualità del giramondo impenitente. Il baritono Simone Alberghini (Sharpless), ben saldo nel registro grave, esibisce un colore morbido e vellutato, ed il mezzosoprano Giovanna Lanza (Suzuki), si lascia travolgere dalle sofferenze del personaggio e ci travolge con  un abile uso dei chiaroscuri e da una azione teatrale toccante. Rigoroso e raffinato, il direttore Pinchas Steinberg esalta gli accenti pucciniani,  l’orchestra ne intensifica la drammaticità con soave grazia, quasi petali che danzano sulla tavolozza timbrica dello sparito, mirabile il coro.  

L’esotismo rimane tra le note, sul palcoscenico si consuma il dolore. Butterfly e trafitta dalla violenza del reale, lacerata dall’illusione,  è una donna sola, fragile, un’anima nel corpo di una farfalla dalle ali spezzate. Nessuna via d’uscita, nessuna pietà, avanza  lo spettro del suicidio,  il pugnale viene sostituito da una rivoltella, ma il gesto ieri come oggi incide il senso vitale del mondo, della nostra società che produce sogni e incubi, illusioni e delusioni vestendoli di esotico e svestendoli dal kimono per  ostentare una tenerezza in jeans sicura cinica ed indifferente. Falsa verità che implode quando il cuore conosce  la disperazione dell’abbandono,   silenzioso e struggente declino di un gioco che sanguina le pene dell’amore.

Meritati gli applausi in un crescendo di consensi per l’allestimento che ha saputo stupire con intelligenza.

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
                (21/11/2010)

 

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