Balthus

 

 

 

Balthazar Klossowsky, in arte Balthus

sopra e sotto la superficie delle opere le pulsioni del desiderio

ed i meandri notturni e insondabili dell’inconscio

 

 

 

Balthus_Therese_RevantMartigny – La Fondazione Pierre Gianadda di Martigny (Svizzera) celebra il centenario della nascita di Balthus, mettendo in scena, fino al 23 novembre, quasi tutti i suoi capolavori.

Scandalosamente erotico, meravigliosamente inquietante, il realismo magico di Balthazar Klossowsky, in arte Balthus – nome suggeritegli dal poeta Rainer Maria Rilke, amante della madre – affascina, conquista, turba come un sogno d’amore rivestito di violenza e di un silenzio limpido etereo, prospettico.

Opere uniche provenienti dalle più grandi collezioni pubbliche e private d’Europa e degli Stati Uniti, ricostruiscono la sua complessa produzione di ritratti, di paesaggi e d’interni domestici, ma sono soprattutto le sue adolescenti, ninfee disinibite e pudicamente provocanti, a fomentare, ad incuriosire ed a catalizzare l’attenzione non solo sulle opere ma anche sulla sua personalità enigmatica e conturbante.

Nato sotto il segno dell’Arte, il padre pittore e storico dell’arte, la madre pittrice, il fratello maggiore è il famoso scrittore e disegnatore Pierre Klossowsky, Balthus vive negli afflati di un sogno sospeso tra la realtà, a soli tredici anni pubblica il libro di illustrazioni “Mitsou”, una raccolta di disegni dedicati al suo gatto, con la prefazione di Rilke.

Affascinato del passato, ne studia le arti, le passioni, il senso ed il quattrocento di Piero Della Francesca, il classicismo rinascimentale, l’eleganza di Raffaello, la lezione degli antichi annaffiano continuamente il suo estro creativo. Ed ancora Delacroix e Courbet, dal quale trasporta il realismo e apprende l’aderenza tra l’oggetto e il soggetto della tela, mediante una composizione allusiva in grado di penetrare il mondo oltre l’artista stesso, un percorso tra paesaggi incantati che lo collegano a Poussin.

Le sue idee, già a venticinque anni, erano chiare e mature tanto da far trapelare sopra e sotto la superficie delle opere le pulsioni del desiderio ed i meandri notturni e insondabili dell’inconscio, nella sua arte infatti, voleva inserire “la tenerezza, la nostalgia infantile, il sogno, l’amore, la crudeltà, il crimine, la violenza, il grido di odio, il ruggito, le lacrime! Tutto ciò che è nascosto nel fondo di noi stessi, un’immagine di tutti gli elementi essenziali dell’essere umano spogliato dalla sua spessa crosta di vile ipocrisia”.

Nelle sue tele è il silenzio a parlare, un silenzio raffinato e tagliente, indagatore e conoscitore dell’oscuro istinto dell’uomo. La sospensione diffusa che ne aleggia subisce, in “La rue”, una grande tela del 1933, quasi un arresto involontario, provocato da una profonda quanto sconosciuta sensazione perforante il senso del pudore: episodi insignificanti dipingono la vita quotidiana in una comunissima stradina, ma nella sconcertante normalità, la carica erotica di un gesto esplode silenziosamente sconvolgendo lo sguardo dell’anima dello spettatore, ed il tumulto delle passioni precipita nei più bassi istinti: un ragazzo afferra e stringe a se una bambina premendola sul ventre, la sua mano osa, insinuandosi dove il proibito ci serra la bocca e ci spalanca gli occhi. Lo scandalo è dichiarato, tanto che dopo vent’anni il critico americano James Throll Soby, che aveva acquistato l’opera, chiede all’artista di celare almeno in parte quella scena, secondo Stanley William Hayter, che prese parte alla preparazione della tela, l’opera s’ispirava ad Alice nel paese delle meraviglie, il romanzo di Carroll. La bambina è appunto Alice, il ragazzo che la stringe a sé è Tweedledum, il suo gemello invece avanza verso di noi, mentre il muratore, che attraversa la strada, è lo scrittore. La composizione, di taglio rigorosamente classico e geometrico s’ispira alla pittura quattrocentesca, le figure elaborate come un’opera  rinascimentale, si caricano di forza inquietante, lo spazio è intriso di citazioni erudite del passato, mentre l’oggetto del desiderio prende forma con una disarmante carica sensuale.

Balthus_LaRueL’entità oscura viene continuamente smascherata da Balthus, il soggetto erotico e la violenza sono e saranno i temi dei capolavori della maturità, citando Albert Camus: Balthus  “mostra il coltello, ma nei suoi quadri non c’è mai traccia di sangue. Non è interessato al crimine ma alla purezza”.

Le sue modelle sono bambine sognanti dall’aria ingenua, in compagnia spesso di un gatto, alter ego dell’artista dal 1935, anno in cui aveva dipinto “Le roi des chats”, autoritratto con felino. Modelle, le sue, come creature senza tempo, fiori di primavera intoccabili ai quali è vietato infrangere la bellezza. Ma spesso le sue tele sono state definite pornografiche, a queste affermazioni Balthus ribadiva. “… tutto oggi è pornografico, la pubblicità è pornografica. Vedi una giovane donna che si trucca e sembra che stia avendo un orgasmo. Io non ho mai dipinto nulla che sia pornografico”. Forse tranne, aggiunse, “La lecon de guitare”: una ragazzina completamente nuda dalla vita in giù, si abbandona sulle ginocchia della sua insegnante, gesti, posizioni, atteggiamenti di entrambe sono inequivocabili … forse, … sicuramente lasciano poco spazio alla fantasia.

Scelte cromatiche precise per corpi immolabili congelati in una rigidità spigolosa, eppure la loro sensualità penetra prepotentemente nello sguardo, è un’immagine soffusa, silenziosa, terribilmente irrazionale, in bilico tra attrazione e repulsione, siamo pronti a censurarla, mentre contemporaneamente siamo desiderosi di nuove esibizioni. La sconcertante realtà del desiderio affiora dalle tenebre dell’inconscio ed il represso mondo interiore  intravede la radente luce del fascino osceno, enigmatico e misterioso.

Sono le delicate curve di giovani corpi, intimamente consapevoli del loro potere erotico, ad accarezzare scandali e critiche mai spente, sono le sue “situazioni” su tela ad imprimere l’osceno delirio della sostanza carnale nella “situazione” dell’apparenza. Con Balthus, nel segreto della mente, tutto è concesso, nella mostra, con le sue opere, tutto è pericolamene fatale al controllo delle pulsioni.

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
27/08/2008

 

 

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