Franco Meloni

 Franco  Meloni

Penso che dalla distruzione,
intesa come coraggio di varcare i limiti,
possa nascere sempre qualcosa di buono e inaspettato 

Franco_MeloniPer Franco Meloni cosa significa dipingere , quale è il suo linguaggio?
Per me è un bisogno primario. Dipingere significa raccontare me stesso e le mie emozioni, i fatti che mi colpiscono intimamente, attraverso immagini che provengono direttamente dal mio inconscio e che guidano la mia produzione. Il più delle volte sono immagini già determinate nella forma e nel colore, che sento di dover rappresentate. Il linguaggio che uso è privo di regole specifiche e proprio per questo penso si possa accostare al linguaggio onirico.

Ricorda la  sua riflessione quando realizzò la prima opera ? 
Si… mi ricordo….ero in preda a un’emozione tra il pianto e la risata. Poi è prevalso il pianto e nuovamente una grossa risata. Ho passato alcuni giorni a contemplare il lavoro che avevo realizzato, poi ho pensato fosse pronto per uscire dallo studio. Insomma mi ha restituito l’energia che gli avevo dato. Se questo non si verifica, per me l’opera non può considerarsi tale e non la espongo.  

Nelle sue opere c’è un richiamo al surrealismo, si rifà a questa corrente ?
Il Surrealismo mi ha sempre affascinato come d’altronde anche tanti altri movimenti, che hanno successivamente contaminato il mio lavoro, però non penso di appartenere a questa corrente. Quando ho iniziato a dipingere ero completamente a digiuno di tutto. Mi sono scoperto pian piano e l’ingresso verso la pittura è stato per me traumatico. Penso che all’interno del mio lavoro si possano trovare molte citazioni che vanno dall’arte visionaria al surrealismo e alla raw art.  Le confesso non amo le categorie ma non possiamo farne a meno.

Nella sua espressività è nata prima la pittura o la scultura ? 
Sicuramente è nato prima il disegno poi la pittura e a seguire la scultura. All’inizio usavo i pastelli ad olio, perché mi piaceva sentire il contatto diretto con la materia.  I pennelli creano sempre una certa distanza, ecco perché quando sono particolarmente nervoso lavoro con l’argilla che mi permette di scaricare le emozioni negative. Quando dipingo a volte non resisto alla tentazione di distruggere il lavoro. Penso che dalla distruzione, intesa come coraggio di varcare i limiti, possa nascere sempre qualcosa di buono e inaspettato. Solo dopo riesco a bilanciare tutti gli elementi del lavoro che sto eseguendo. Mi piacciano le sbavature, le cose fuori posto, tutto ciò che non è perfetto. Nell’irregolarità c’è un profondo senso di autenticità.

Meloni  ricerca e sperimenta nuove tecniche ?
Mi piacerebbe usare nuove tecniche e materiali, ma per questioni organizzative, al momento non posso andare oltre quello che realizzo. Il mio approccio alla composizione creativa è il tipico atteggiamento di un bambino che ha sete di informazioni. Vedo e sento ciò che mi sta attorno e lo incamero, poi inizio a eliminare quello che non mi è piaciuto. Sicuramente, inconsciamente, raccolgo il tutto in una immagine predominante, che sento l’esigenza di dover rappresentare. Parto da lì.

Dove trova l’ispirazione ?
Trovo l’ispirazione da quello che mi accade nella vita quotidiana e dal mio passato. Mi piace entrare in territori sconosciuti della mente dove riesco ad afferrare per brevi istanti immagini che sembrano provenire dall’inconscio collettivo.

Come in ogni settore anche nell’arte ci sono  regole di marketing e di “prodotto”, secondo lei  che difficoltà  incontra  oggi  un artista nel farsi conoscere ?
Si ha ragione e queste regole a mio parere possono risultare castranti per chi non vuole piegarsi al mercato, perché ha qualcosa da dire con una propria modalità espressiva che magari è in contrasto con la tendenza artistica del momento. Questa tendenza spesso sconfina nel design e può risultare povera di contenuto. Secondo me sarebbe più interessante che gli operatori del settore ponessero l’accento sulla creatività, piuttosto che sulla bellezza estetica di un lavoro che si intona con l’ambiente circostante. Il rischio è quello di generare delle vere e proprie bolle speculative. Le difficoltà per gli artisti sono prevalentemente di natura economica e di accessibilità al mercato che conta.

Le  gallerie investono nei  giovani artisti contemporanei ?
E’ difficile trovare delle gallerie che investano sul giovane artista, rischiando capitali e credibilità, questo accadeva prevalentemente attraverso la figura del mercante. Le gallerie non investono su artisti che reputano poco durevoli nel mercato ed economicamente non redditizi. Molti galleristi pensano subito al realizzo, ma bisogna aspettare e dare fiducia. Un artista può decidere di abbandonare definitivamente la propria produzione in qualunque momento per svariati motivi. Ma è solo nella costanza e caparbietà nel proprio lavoro che si può emergere tra i tanti . Oggi è l’artista che all’inizio scommette su stesso. Si assiste ad una inversione di tendenza. E’ una battaglia impari ma è la dura realtà del commercio. Il cammino è molto lungo e sicuramente l’affrancamento avviene dopo molti anni di duro lavoro, se avviene.

Oggi c’è una nuova tendenza, molti artisti espongono per le strade o nelle piazze, cosa ne pensa?
Può essere divertente ma si potrebbe correre il rischio di essere fraintesi come se si stesse andando ai mercatini. Dipende sempre dalla strategia che l’artista decide di mettere in atto per rendersi visibile e dalla tipologia di opere che produce e chi in definitiva organizza la piazza espositiva. Il target dei visitatori cambia in funzione della location. Comunque la strada è un modo per riappropriarsi  del territorio. E’ un modo per dire io esisto.

Per Meloni, il 2009 un anno importante: Mostra A Pechino (China) Collettiva: “Realm of invention”  al  “ NY Arts Beijing Space”  ;  e partecipazione alla collettiva “Unfiltered IV” Industrial Projects Gallery, di Detroit,  si apre un  nuovo percorso sulla scena internazionale ?
Sicuramente la Cina è un mercato molto interessante e sta prendendo piede rispetto a quello Statunitense anche se New York rimane sempre il fulcro dell’arte contemporanea in tutto il mondo. Sono contento che alcuni dei miei lavori rimarranno permanentemente esposti nella NY Arts Beijing  Collection,  perché penso che possano essere ben recepiti dalla cultura cinese. Per quanto riguarda Detroit si tratta di una mostra di settore alla quale partecipo da alcuni anni. Mi è piaciuta in particolar modo la scelta della location, una vecchia industria riqualificata, oggi adoperata per eventi artistici. Queste non sono le mie prime mostre nei paesi extraeuropei. Infatti mi piace molto confrontarmi e farmi contaminare da culture  differenti dalla mia. Da diverso tempo intrattengo rapporti con artisti e galleristi stranieri, che permettono di sviluppare la mia esperienza artistica e mi arricchiscono umanamente e professionalmente. 

C’è un  luogo d’arte che l’affascina in modo particolare ?
Sicuramente New York !!  È una città molto affascinante, sorprendente, dove tutto può accadere sia in senso positivo che negativo. Quando ci sono stato nel2008, in occasione di una mostra personale, ho provato contemporaneamente una serie di emozioni opposte a causa dei forti contrasti percepiti nella città come la paura e la gioia, l’insicurezza  la sicurezza, lo smarrimento e la presa di coscienza. New York è una droga allo stato puro è molto stimolante su tutti i fronti, da sicuramente molta energia.

Meloni se fosse un colore…
Bordeaux  

Progetti futuri …
Realizzare delle sculture di grandi dimensioni.

di Michele Luongo © Produzione riservata
 ( del 03.10.2009) www.viacialdini.it

 

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