Hopper la luce del silenzio


Edward Hopper,
 per la prima volta in Italia
In ogni centimetro della sua pittura la realtà sembra vivere dentro la memoria

 

Hopper_Morning_sunMilano – La pittura del silenzio di Edward Hopper, per la prima volta in Italia, con una monumentale antologica ospitata a Palazzo Reale di Milano fino al 31 gennaio. Figurazione dalle atmosfere silenti, dalla quiete apparente e dai sublimi enigmi, gelide austerità che scivolano lasciando sulla pelle un senso d’attesa.
La mostra curata da Carter Foster, curatore e conservatore del Whitney Museum, è promossa dal Comune di Milano e dalla Fondazione Roma, per la prima volta uniti in una partnership culturale, con il Whitney Museum of American Art di New York,la Fondation de l’Hermitage di Losanna e Arthemisia Group.

La lunga storia tra il Whitney e Hopper inizia nel 1920 con la prima mostra personale di Edward Hopper al Whitney Studio Club. Un  lungo percorso che vede numerose altre mostre svolgersi al Whitney, tra cui quelle memorabili del 1950, 1960 e 1984.  Ed è proprio al  Whitney Museum che la vedova Josephine lasciò, dopo la morte del maestro, avvenuta nel 1970, tutta l’eredità in suo possesso: oltre 2500 opere tra dipinti, disegni e incisioni.  

L’allestimento della mostra a Palazzo Reale, molto curato, si suddivide in sette sezioni per oltre centosessanta opere, tra oli, acquerelli, disegni e incisioni e un eccezionale Artist’s ledger Book, i famosi taccuini che riempiva insieme alla moglie e dove si vedono abbozzati molti dei suoi dipinti a olio. Un patrimonio artistico proveniente principalmente dal Whitney ma anche dai più importanti musei americani, ripercorre il sentiero artistico di Hopper secondo una scansione cronologico – tematica.  

Durante la visita suscita molta attenzione l’accostamento dei disegni preparatori alle opere finite, un allestimento che offre l’occasione per approfondire il metodo di lavoro di Hopper. L’abbinamento, infatti, evidenzia come il “realismo hopperiano” sia la sintesi di numerose immagini e situazioni, spesso colte in tempi diversi, e non una semplice riproduzione dal vero.

Interessante ed intellettualmente curiosa l’installazione interattiva e multimediale “Friday, 29th August 1952, 6 A. M., New York” del video artista austriaco Gustav Deutsch. La ricostruzione della scenografia raffigurata nel dipinto “Morning sun”, consentirà ai visitatori di entrare fisicamente nel mondo di Hopper.

La calma di un ambiente ordinario, la luminosità delle campagne di provincia, la classicità stoica di una vetrina sulla strada, di una pompa di benzina, di uno scompartimento di treno o di un portico di casa sono i soggetti che compongono la scena dei dipinti nella virtuosa celebrazione dell’illuminazione. E’ una luce intimamente misteriosa e pericolosamente sconcertante capace di disegnare inquadrature cinematografiche nelle quali l’immaginazione dello spettatore naviga solitaria cercando risposte a domande che improvvisamente sobbalzano nell’animo come l’infinito mistero di vite celate dietro l’apparente normalità quotidiana.  

Il silenzio che catalizza l’attenzione, sfumando la meditazione in interrogativi, è una costante nelle composizioni di Hopper,  nelle quali tutto il vissuto e tutto il presente attraversa lo sguardo, attraendo e sospendendo il momento, mentre tutto rimane avvolto nell’inspiegabile, proprio perché è il mistero che rende la pittura affascinante diceva, infatti, Hopper : “ se puoi dirlo non c’è nessun motivo per dipingerlo”.

In ogni centimetro della sua pittura la realtà sembra vivere dentro la memoria e l’immaginazione tracciarne i tratti salienti. Sono sequenze in geometrie compositive basate su forti contrasti luce-penombra, dove i personaggi, i loro gesti e le loro immobili movenze raccontano la sceneggiatura di una scomposizione emozionale e labirintica che abita il loro corpo. Una tensione emotiva sull’orlo dell’inquietudine che ha affascinato generazioni di registi e cineasti, come Alfred Hitchcock, Francis Ford Coppola, Todd Haynes, Wim Wenders.  

Indifferente alla modernità e alle avanguardie, si lascia avvicinare dell’evoluzione pittorica parigina. Il fascino,  per il pennello di Manet, Degas, Courbet, Cézanne, per l’impatto cromatico dei Fauves e per le linee cubiste di Picasso, esplode nel suo capolavoro del 1914 “Soir Bleu”, inizio del percorso espositivo, che prosegue con le opere degli anni Venti nelle quali, emerge sempre con più forza l’esperienza quotidiana, fino a giungere alla normalità dilagante degli anni Trenta con le scene dell’american life.  

Un realismo il suo che trascende il reale per far parlare la verità intessuta nei dettagli o impressa in modo evidente nei  paesaggi di provincia con passaggi a livello, nelle strade e sulle insegne di motel, mentre la città si lascia inquadrare con tagli di luci quasi metafisiche per monologhi imbastiti dal silenzio. Interni di uffici, hall di alberghi, appartamenti della middle class, tavole calde, sale di cinema, caffè e vagoni, con Hopper divengono racconti americani sul filo della quieta melanconica di un presagio. Silenzi che celano enigmi o forse più semplicemente come irrisolte questioni quotidiane e dinanzi ai nostri occhi , scorrono capolavori come Summer Interior (1909), Pennsylvania Coal Town (1947), Morning Sun (1952), Second Story Sunlight (1960), A Woman in the Sun (1961) e diversi quadri mai esposti, come la bellissima Girlie Show (1941).  

Psicologiche variazioni tra le ombre della tensione emotiva, lucidi intrighi noir e figure femminili solitarie, dalla personalità complessa e irretite nel loro intimo vuoto pieno di sussurri inquietanti, ma sempre e comunque formose e avvolte da una fascinazione conturbante, come le splendide rielaborazioni della moglie Jo, unica modella di Hopper. Sono queste gli ultimi lavori che si lasciano ammirare e che ci lasciano un senso di sospensione infinita.

 Edward Hopper (1882-1967) il silenzio della vita quotidiana, la solitudine dei paesaggi umani, in fondo, la verità del reale. Il più popolare artista americano del XX secolo dopo la sede milanese sarà protagonista a Roma, presso il Museo della Fondazione Roma, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010 e successivamente a Losanna per l’estate 2010.

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
( 16.11.2009)
 
Immagine:
Morning sun, 1952 Olio su tela cm 71,44 x 101,93 Columbus Museum of Art Ohio ( USA)

Bluarte è su https://www.facebook.com/bluarte.rivista e su Twitter: @Bluarte1