I Macchiaioli a Roma

 

 

 

Tutti uniti nella “macchia”

 

 

MacchiaioliRoma – Più vero del vero: una luce interiore percorre le vie del sentimento e la pittura rilascia per macchie di colore la sua essenza. È la mostra “ I Macchiaioli ” presso il Chiostro del Bramante di Roma in corso fino al 3 febbraio 2008.

Una delle pagine più importanti della storia dell’arte si lascia leggere in un’esposizione che traccia il percorso, che segna le tematiche, che evidenzia le sfaccettature artistiche del più importante movimento italiano dell’800.

In un periodo fortemente connotato da eterogeneità sociale, culturale e politica, il linguaggio pittorico, nel quale si manifestano emozioni, sentimenti ed uguali ideali come l’unificazione d’Italia è il collante tra gli artisti di diversa provenienza, non solo geografica.

Centro culturale è Firenze, qui il fermento artistico si ritrova ai tavoli del Caffè Michelangelo, qui l’Arte si apre alla vita vissuta, respirata e sentita, lasciandosi alle spalle l’accademismo, qui soffia una brezza parigina, qui cuori sensibili avvertono il “sentimento del vero”.

Sala dopo sala veniamo avvolti da una natura pronta a restituire l’atmosfera colta dal vivo, una natura dove Bovi al carro di Fattori , Stradina al sole o Marina a Castiglioncello di Abbati aprono scenari nuovi, fedeli al concetto di realtà. Il paesaggio è una costante dell’intera mostra, ma lo sono anche i luoghi e le scene domestiche ritratte con la medesima volontà di ricerca del vero. Una concezione che univa  artisti molto diversi fra loro come il Signorini proveniente da famiglia agiatissima, il veronese Cabianca, il livornese Fattori, il napoletano Abbati e molti altri.

Tutti uniti nella “macchia”, definita, dalla critica del tempo, con un certo disprezzo, per sottolineare, il modo di disporre il colore, la semplicità e quel senso di incompiuto che conferiva alle opere. Ma la stesura della macchia è l’estensione della verità, punto cardine degli artisti, una verità che parla di sentimento mentre restituisce l’immediatezza della realtà. La macchia, come scriverà un Fattore ormai anziano “era la solidità dei corpi di fronte alla luce”.

Nuove ipotesi espressive aprono narrazioni che dialogano con la storia, ascoltano il silenzio delle sensazioni assopite in una Lezione di piano di D’Antona, danzano lontano e ci trasportano fin dentro quel L’orazione di Abbati, prologo di un mondo di intime verità interiori. È la stessa trasposizione che si avverte dinanzi a L’educazione al lavoro di Lega e alle Cucitrici di camicie rosse di Borrani, in cui il contesto storico emerge da un Garibaldi sullo sfondo del quadro, è l’ideale, è la storia è la luce dell’Arte.

Il realismo si avvicina morbidamente, la mostra ci circonda intensamente; rimandi cromatici, campiture di colore geometriche giocate con l’ombra e contrasti equilibrati, esprimono la raffinatezza della tecnica macchiaiola.

Una lenta ma costante evoluzione e crescita, fondamentale per la nascita di un nuovo e più moderno concetto di pittura, in grado di tradurre la sensibilità, i sentimenti, la realtà, nella forza della verità. Una descrizione composta di luce, di colore, di forme nata dalla lezione del vero e nel vero ha trovato il suo fine.

Quale sia invece il “vero” fine degli organizzatori della mostra, è una domanda che non trova risposta nella luce del sentimento per l’Arte, quanto nella gestione economica che guarda al mero profitto, alternando i prezzi dei biglietti: più alti nei giorni festivi, più bassi a inizio settimana, una “macchia” che penalizza la qualità dell’esposizione.

 

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
08/11/2007

 

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