Impetuosi Ambiziosi Scapigliati

 Scapigliatura
 “Un pandemonio per cambiare l’arte” 
Impetuosi Ambiziosi Scapigliati

  

Federico_Faruffini_in_Chiesa1861_per_scapigliature_Milano – “Scapigliatura. Un pandemonio per cambiare l’arte” è l’interessante e sofisticata mostra ospitata dal 26 giugno al 22 novembre a Palazzo Reale, sotto la cura di Annie-Paule Quinsac. Oltre 250 opere indagano, percorrono, rivelano, attraversano l’energia creativa di un fermento artistico – culturale che ha scandagliato gli animi sensibili, scolpito le tensioni emotive, impresso un nuovo senso estetico.

Istinto, impeto azione, sembrano essere le caratteristiche basilari di questo evento rivoluzionario che a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento, spirava nei cuori di giovani intellettuali agitati, ambiziosi e pronti a cavalcare il tempo tra osterie, caffè, cenacoli e atelier, aleggiando contro ogni forma di antiaccademismo e contro il senso più aureo del passatismo e delle convenzioni sociali. Nuovi bohémien dalla letteratura alle arti figurative, irrompono sulla scena con piglio irruento quasi come ad anticipare lo slancio futurista.

E’  la Scapigliaturamilanese, dal titolo del romanzo di Cletto Arrighi (pseudonimo di Carlo Rigetti, giornalista, scrittore e patriota) “La Scapigliaturae il 6 febbraio” del 1861, una realtà culturale che ha gettato la sua influenza perfino sulle avanguardie.

L’espressività straripa con foga nel gesto imbevuto di verismo e trasfigurato dal sentimentalismo . In pittura come in scultura, nessun tratto nitido, preciso, distinto ma solo l’energia, l’evaporazione delle emozioni, in un massa informe, apparentemente contorta, aggrovigliata, ma in realtà, l’esplosione della carnosità dei sentimenti si condensa in un virtuosismo sfumato, etereo, intriso di velature febbricitanti. Sono bagliori diffusi, materiche essenze di luce che danzano in un elegia di indefinita precisione.

 L’esposizione curata nei minimi dettagli si lascia respirare lentamente. Sala per sala l’atmosfera, elegantemente carpita dai dipinti da una giusta illuminazione, sprigiona magicamente il suo fascino, ponendo in risalto i trentotto artisti, da Giovanni Carnovali detto Il Piccio a Daniele Ranzoni, da Tranquillo Cremona a Giuseppe Grandi, da Gaetano Previati a Medardo Rosso, fino a Pietro Troubetzkoy.  Ritratti, volti popolani, paesaggi e passaggi di situazioni dallo sfondo al primo piano “recitano” il capriccio dell’impressione matericamente sospesa. La libertà della pennellata del Piccio, si contrappone alla malinconia esistenziale di Faruffini, letteralmente bagnata di effluvi luministi e cromatici. Al lirismo virtuosistico di Cremona, il cui pennello leggerissimo, soave, incorporeo, penetra fra le diafane intimità di scene sentimentali, si accostano i paesaggi di Ranzoni disciolti in perlacee atmosfere.

Dipinti, sculture, grafiche e incisioni, corredate da testi, fotografie e documenti, provenienti da raccolte pubbliche e private italiane e da prestigiose istituzioni straniere quali il Groninger Museum di Groningen, in Olanda, e il Szépmûvészeti Múzeum di Budapest, raccontano quattro decenni di storia dell’arte.

Per la prima volta sono presentati i gessi del monumento alle Cinque Giornate, dello scultore  Giuseppe Grandi, restaurati per l’occasione, che rivelano l’originalità della sua ricerca, una dinamicità centrifuga e dinamica che avvolge e sconvolge l’obelisco centrale. Attira la nostra attenzione anche, se non soprattutto, Medardo Rosso, le sue opere come eruzioni di magma incandescente plasmate, modellate in brace ardente, in materia liquefatta che pulsa la forza umana e l’impeto di una passione interiore. Un percorso che si conclude con Previati, audace scapigliato in cammino verso la sperimentazione divisionista.  

Trasgressione passione e disagio, una simbiosi che sfocia in tutte le discipline espressive, dalla parola, al suono, all’immagine, le osterie si trasformano in cenacoli culturali e l’accademismo si frantuma in lapilli che da li a poco arderanno le agitazioni futuriste.  

 

di Antonella Iozzo© Produzione riservata
   (  21.07.2009)

Immagine:
Fedrico Ruffini ” In Chiesa” 1861

  

 

Di Antonella Iozzo© Produzione riservata
 ( 21.07.2009)

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