Nell’aria, Calder

 

Il Presidente Giorgio Napolitano e la signora Clio Maria Bittoni  affascinati da Calder 

 

Calder_Big_RedRoma – Calder: la danza della leggerezza nel respiro del movimento. Roma omaggia il più innovativo scultore del XX secolo con un’ampia mostra monografica, in corso a Palazzo delle Esposizioni fino al 14 febbraio 2010. La mostra è curata da Alexander S.C. Rower, presidente della Fondazione Calder di New York .

Durante la visita alla mostra Bluarte ha avuto il piacere d’incontrare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e la moglie Clio Maria Bittoni, che con discrezione seguivano il percorso espositivo, dimostrando interesse e curiosità .

Una meravigliosa poesia i cui versi oscillano al vento come petali in costante equilibrio sul soffio della Natura, è questa l’impressione che si riceve davanti alle sculture realizzate in fil di ferro, esili, raffinate, leggerissime, un’armonia d’istanti rapiti al tempo e fissati nell’eterea sospensione dell’aria. Una gioia di vivere nella scenografica espressione del movimento plasmato dalle mani di una grande artista.  

Il percorso espositivo,in sette sezioni, illustra l’intera carriera di Alexander Calder, la cui genialità ha rivoluzionato i canoni classici della scultura e dell’Arte in genere. Dalle prime opere dove un semplice filo di ferro delimita la forma, poche linee essenziali dentro le quali solo il senso del volume, fino ai famosissimi Mobiles, sculture astratte, sensibili all’aria, che si muovono inscenando delicati movimenti nella forma di un sospiro.  

Straordinariamente disarmante la semplicità delle sculture degli esordi Dog e Duck (1909), realizzate all’età di undici anni, dei primi dipinti e delle vivaci illustrazioni di animali degli anni Venti, ai quali seguono le wire sculptures, sculture in filo di ferro che afferrano e trattengono lo spazio tridimensionale. La più grande scultura del genere, esposta in mostra, è Romulus and Remus (1928), un ingegnoso ritratto dei fondatori di Roma allattati da una lupa. Siamo negli anni 1926 – 30, quando soggiorna a Parigi ed instaura una profonda amicizia con Léger, Duchamp, Miró, Mondrian e con gli altri esponenti dell’avanguardia artistica.

Altra opera importantissima di questo periodo è il “Circus Scene”, rappresentazione circense in miniatura con personaggi fatti sempre di filo di ferro, legno, spago, il gioco che gioca con l’Arte e diverte anche Cocteau e Le Corbusier. La rappresentazione è documentata da tre film, visibili nella sezione “film d’autore” girati da Jean Paincavé, Carlo Vilardebò e Hans Richter.  

Il movimento di Calder, il movimento in Calder dal figurativo all’astrattismo, avvenuto dopo la visita allo studio francese di Mondrian. Linee, colore, energia e sinergie dinamiche nella forma astratta, sono dipinti a olio raramente accessibili al grande pubblico, nei quali le wire sculptures rivivono su tela trasformate in composizioni di geometria pura. In questa seconda sala lo sguardo è attratto dall’opera “Small Sphere and Heavy Sphere” (1932-1933), il primo mobiles progettato per essere sospeso al soffitto. Mobiles è il nome dato da Duchamp a queste meraviglie alle quali il movimento veniva impresso da agenti contingenti o atmosferici, continue variazioni sul tema, un perenne movimento che si rinnova mentre rinasce.  

Opere appese alle pareti, opere che scendono dal soffitto, opere dipinte nelle quali scivola il surrealismo con una liquidità cromatica che si libra nelle gouaches e gravita tutt’intorno, tanto da dare l’impressione di avvolgere sia i lavori di grandi dimensioni che quelli eterei e vibranti. Dalle tele alle sculture, un soffio in sinfonie di silenzi, in ritmiche modulazioni nell’orchestrazione di forme e colori.

Creazioni oscillanti che tracciano impalpabili sensazioni come le Costellazioni degli anni ‘40, nome dato sempre da Duchamp insieme a James Johnson Sweeney , direttore del Moma dal 1935 al 1946, e qui esposte per la prima volta.

Fili metallici e piccoli elementi di legno, ma anche la delicatezza del vetro e la robustezza di basi simili a tronchi, come per dire l’armonia di un contrasto.

Elegantissimo nella settima sala “Glass Fish” (1955), un allegro pesce il cui corpo realizzato con frammenti di vetro compone rifrazioni di luccichii in melodie di luce e movimento.  

E’ stato, invece, Jean Arp a dare il nome di Stabiles, alle sculture non cinetiche che dagli anni ’60 diventano monumentali. Il primo fu  “Teodelapio”, scultura commissionata all’artista per il Festival dei Due Mondi di Spoleto del 1962, imponente anche “Pittsburgh” collocata insieme alle quattro piccole maquette (modelli dai quali venivano ricavate le sculture monumentali) e al modello di “Teodelapio” nella Rotonda centrale del Palazzo delle Esposizioni, impatto fatale con la leggerezza dell’emozioni che colpiscono lo spettatore al suo ingresso e lo inebriano di vitalità gioiosa durante l’intero percorso.

Al secondo piano Calder nelle foto di Mulas, una mostra nella mostra che evidenza l’artista dentro l’uomo, la sensibilità, il sentimento, l’ironia, la quotidianità trascorsa nelle sue case o negli immensi spazi dove lavorava. Obiettivo puntato sul cuore.

di Antonella Iozzo © Produzione riservata
( 07/11/2009)

 

 

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