Eccellente Requiem

Deutsches Requiem, nel gesto di Kuhn
Coscienza e conoscenza insieme, è pathos comunicativo che afferra ogni cellula partiturale

Orchestra Haydn 21marzo2012 da sx Tschenett Bortolotti Kuhn Azzolini JarnotTrento – Brahms: Requiem tedesco op.45: la musica che ascolta l’esistenziale in un lirico slancio di passione umana.
Poesia, sentimento, caducità e resurrezione, in un grande affresco musicale in cui la parola cesella anfratti consolatori e scolpisce l’eternità. Immenso nell’interpretazione dell’Orchestra Haydn, direttore Gustav Kuhn, soprano Martina Bortolotti baritono Konrad Jarnot, Coro Haydn e l’universo respira fra le pareti dell’Auditorium Santa Chiara di Trento.

L’idea originaria del Requiem per soprano, baritono, coro e orchestra, si fa risalire alla morte dell’amico di Brahmas, Robert Schumann, avvenuta nel 1856. Idea che prese forma probabilmente dopo la morte della madre, nel febbraio del 1865.
Meditazione e profonda riflessione sulla morte, intesa come trapasso a una vita migliore, sono i tratti salienti di un lavoro profondamente tedesco, più vicino agli oratori di Bach che alla dimensione spettacolare del Requiem di Berlioz o di Verdi.
Nessuna teatralità dunque, ma un testo costituito da passi tratti dall’Antico e dal Nuovo Testamento, che rilasciano a ciascun movimento sostanza poetica e grande intensità espressiva.

Nel primo movimento “Molto lento con espressione” è il coro a venirci incontro intonando il celebre frammento del Discorso della Montagna (Matteo 5, 4), quasi un sussurro sottopelle staccatesi dalla cupa introduzione dell’orchestra senza i violini, l’ottavino, i clarinetti, le trombe, la tuba e i timpani. È un incedere lento e austero con alcune sottolineature: l’accordo dei tromboni e un breve disegno ascendente dell’oboe che sembrano disegnare il motivo della consolazione, sottolineata anche dalla presenza angelica delle arpe, che poi ritornano a illuminare la coda.

Nel secondo movimento, invece, l’orchestra al completo emerge prima in pianissimo, poi in fortissimo, come se volesse suggerire l’incombere di un destino implacabile. L’interpretazione è coinvolgente, piena di slancio, sembra quasi che le accelerazioni improvvise e le illustrazioni dirette del testo respirano nella sicura e siderale direzione di Kuhn. Il suo gesto è coscienza e conoscenza insieme, è pathos comunicativo che afferra ogni cellula partiturale per librarla in suono puro.

Nell’Andante moderato del terzo movimento entra il baritono Jarnot, tecnica vocale sicura che declama ogni versetto ripreso poi dal coro. Estrema tensione capace di scorrere in un fiume convulso in cui all’imperante voce lirica del baritono risponde il coro: drammatico, commovente, espressivo.
Nel gesto di Kuhn, senza bacchetta, a volta anticipato, come promemoria da una lunga intesa, vi è tutta l’immersione nel corpo sonoro, nella sostanza brahamsiana che emerge nel quarto movimento, di nuovo affidato al solo coro.
Una dimensione quasi pastorale, centro luminoso del Requiem tedesco, canto di gioia e di lode, aperto da un’ampia arcata dei soprani, mentre l’orchestra trasparente e leggera ne suggella la poesia.

Orchestra Haydn Requiem Tedesco dirige Kuhn Vivida atmosfera di una bellezza in grado si sfiorare la percezione e rinascere aria per soprano e coro nel quinto movimento, espressione estatica accompagnata da morbidi arabeschi, Bortolotti quasi timidamente si accosta all’esecuzione cercando l’impulso musicale, la forza che l’invisibile plasma in lirica scansione del fraseggio vocale, fino al sofisticato finale.

Speranza e redenzione riecheggiano in otto diversi episodi del sesto movimento, poi il culmine drammatico nel “Vivace” che richiama il giorno del giudizio. L’orchestra è materia movimentata dai martellanti blocchi corali, dagli ostinati di semicrome negli archi, dallo squillo degli ottoni, la direzione arde in un crogiuolo impregnato di memoria, terra e cielo.

L’ultimo movimento è una pagina solenne capace di evocare la pace celeste grazie all’orchestrazione diafana e alla morbida melodia dei soprani. Il Finale, paradisiaco, è ora promessa di beatitudine e di consolazione, cielo armonico di sfere risonanti e l’uomo, solo davanti all’immensità, vive, vibra e risale il sublime dell’eterno come l’inafferrabile mistero della musica rilasciato dall’orchestra Haydn, dal coro, dai solisti, dal direttore Gustav Kuhn.

di Antonella Iozzo
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   (23.03.2012)

Immagine: Orchestrae coro Haydn , dirige Gustav Kuhn 
Immagine: Orchestra Haydn, da sx Tschenett, Bortolotti, Kuhn, Azzolini, Jarnot

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