Il Giappone di Picco romanzato per pianoforte

14/03/2010

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Verona – Passione giapponese al Teatro Nuovo di Verona con Cesare Picco e l’orchestra dei Virtuosi Italiani. Possiede tutta la bellezza della tradizione ed il fascino della creatività il romanzo per pianoforte e orchestra di Cesare Picco“ La storia di Genji”, andato in scena, in prima assoluta,  il 12 marzo scorso. Originale partitura ispirata al capolavoro della letteratura giapponese “Genji Monogatari”, scritto da  una dama di corte, Murasaki Shikibu, è considerato da sempre il primo esempio di romanzo moderno.
Originale partitura ispirata al capolavoro della letteratura giapponese “Genji Monogatari”, scritto da  una dama di corte, Murasaki Shikibu, è considerato da sempre il primo esempio di romanzo moderno.

Un’opera letteraria nel gesto di Picco, e la musica fluisce come respiri delicati e meditati sulla caducità della vita. Ogni nota, ogni singola battuta  è un istante di spiritualità musicale e sensibilità poetica che dal cuore e dall’ispirazione di Picco si espande nello spartito e dallo spartito all’interpretazione dell’orchestra e dall’orchestra al light designer Matteo Mattioli. Immagini leggere, simboliche, semplici, a volte un po’ ripetitive, sospese nell’aria e nelle voci di Hitomi Kuraoka e Miyuki Okayama che hanno recitato brevi e significativi passi del romanzo.

 

Un romano in musica, parole in note, 54 capitoli in 10 pagine musicali capaci di ripercorrere le parti più salienti della vita di Genji: dalla morte della madre alle donne della sua vita. Tre tenere, sensibili figure femminili, tre donne che segnano profondamente la sua vita: la prima moglie, l’amante (moglie dell’imperatore, suo padre, e dalla  quale, in un’unica notte d’amore, ebbe un figlio),  la compagna – bambina che lo accompagnerà fino all’epilogo del percorso terreno. Suggestivo viaggio nella vita, attraverso le sue trasformazioni e la sua caducità, passando per la poesia, la danza, i sentimenti, la fanciullezza, il congedo.

 

Alba e tramonto sulle ali del tempo, foglie vissute e attimi trascorsi segnano la fine e il principio di ogni momento inesorabilmente eterno ed effimero, quasi cadenze gravi e malinconiche che ricadono sugli ultimi anni di vita di Genji. Vita monastica, oblio, morte e il senso della stessa vita che continua a tessere il suo significato sulle alture del mondo.

 

Un’interpretazione intensa alternata da dolenza espressiva e squarci di estatica tenerezza. L’orchestra ancora una volta ha confermato le sue eccellenti capacità tecnico – esecutive e la sua versatilità musicale. Adagi, piani, pianissimo, staccati accompagnati dal suono di Daniele Valentini calano sulla platea inesorabilmente e lentamente.

 

Musica, suono, luci, immagini e la calligrafia, fondamentale nella cultura giapponese, di Luca Barcellona, hanno travato un felice punto d’incontro nella composizione di Cesare Picco. Un lavoro concepito nel pieno rispetto filologico del testo e dell’essenza giapponese, forse, a volte, perfino con troppo aderenza, penalizzando, in tal modo, una naturale evoluzione delle linee melodiche in intrecci d’impressioni fugaci ed intense che sicuramente avrebbero giovato all’intera composizione.

 

Un progetto aperto, come sottolinea lo stesso autore, ancora da esplorare, da ampliare, da leggere e assorbire in tutte le sue sottili variazioni ma sempre con la consapevolezza di entrare nel visibile e nel percepibile della civiltà giapponese, sfiorando la filosofia, la poesia, l’interiorità di una conoscenza che spesso, se non sempre, riesce a collimare con il regno della coscienza.

di Antonella Iozzo © Produzione riservata

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