The Tyrant

 


 The Tyrant

Sogni, evocazioni e visioni vibrano in suoni
che frantumano le frontiere della logica,
è una composizione dove la storia deposita la sua testimonianza

 

 
Bolzano Michael Bennet Tyrant Bolzano – The Tyrant, compositore e librettista statunitensi ispirazione italiana firmata Calvino. Suoni di assoluta genialità che rivelano le fratture psicologiche del potere tirannico
L’opera, infatti, è ispirata dal racconto di Italo Calvino “Il re in ascolto”: un re tiranno salito al trono, dopo averne cacciato un altro rinchiudendolo nei sotterranei del palazzo, ed ora incapace di abbandonare fisicamente il suo trono per paura di essere deposto, di conseguenza è costretto a far esperienza del suo regno solo attraverso il suono.
Sognare la realtà mentre la realtà sfugge al sogno, entra nel mito e deborda la mente. Incubo che trova la propria via in quel lembo di vita repressa che continua a pulsare nella propria testa sviscerando tensioni e contrasti, deliri e ossessioni, rutilanti fantasie e sconcertanti ambiguità.
Sintesi di una metamorfosi simbolica che giace negli anfratti mentali, ormai distrutti, del tiranno, protagonista assoluto di “The Tyrant” di Paul Dresher, andata in scena al Teatro Studio di Bolzano, nei giorni scorsi, con la regia di Michael Hunt, direzione musicale Peter Valentovic, Accademia Neue Musik Bolzano, scene e costumi Jason Southgate, tenore Michael Bennett, prima rappresentazione europea.

Il compositore Paul Dresher e il librettista Jim Lewis hanno ricreato la vicenda in un’opera da camera che mette a nudo il falso potere della tirannia. La forma di monologo si rivela un’acuta introspezione psicologica, un viaggio a ritroso nella memoria conscia ed inconscia, nella necessità di una realtà vista che adesso diviene realtà sentita. Situazioni allucinate, grovigli impenetrabili, assurdi, al limite del concepibile frantumano ogni certezza e soffocano il senso della ragione del re, egregiamente interpretato da Michael Bennett, letteralmente dentro una scenografia che riproduce l’oppressione soffocante dello stare rinchiusi. Spazio che trafigge le prospettive nell’illusione ottica di estendersi oltre, forse anche per il video, ma si rimane sempre e solo nella sala del regno, da dove il re controlla tutto ciò che avviene al di fuori, falsa verità amica ambigua e fedele. Un’illusione che serpeggia nelle vene del tenore le cui movenze delineano fortemente la decadenza fisica e morale di colui che ha esercitato la tirannia nell’enigmatica limpidezza di una realtà vissuta sotto l’ombra di efferati crimini.

L’interpretazione è pensiero visivo sia nelle parti cantate che in quelle recitate. Densa, drammatica narrazione che catalizza l’attenzione del pubblico. Voce che pensa, che canta, che sogna in balia di falsi fantasmi, di suggestioni, di silenzi imprigionati nel fervido pulsare del reale, troppo lontano ormai per essere vita in uno sguardo perso nel vuoto, nel vissuto proiettato in un video-diario, quasi un fondale in flash-back del passato. Momenti che l’inconscio cerca di trasfigurare ma che non si possono negare. Azioni terrificanti sospese tra l’apparenza della realtà e l’immagine profondamente sentita dal protagonista, un non visibile che perfora la sua mente. 

Sogni, evocazioni e visioni vibrano in suoni che frantumano le frontiere della logica,è una composizione dove la storia deposita la sua testimonianza senza appesantire. E l’esistenziale naviga nel mare della speranza, nelle onde pulsanti il suono del mondo, del quotidiano con il suo ordine sparso, con il suo caos capace di frantumare il rumore in onde sonore pregne di senso ed essenza. A questo mondo appartiene il canto di una voce femminile che colpisce il re a metà della storia. Una voce morbida e sensuale, quindi un canto ammaliante, seducente, avvolgente e tenero come un abbraccio. Una poesia evocata dal flauto. Sospiro che spezza le catene della prigione lasciando l’anima libera di fluire verso dolci approdi, ma è solo un istante, un momento surreale carezzato da una musica languida, nella quale il flautista Pedro Lopez Campos delinea le curve del sogno. 

Poi la musica rientra nello stile minimalista della partitura letta con grande abilita dall’ Accademia Neue Musik Bolzano ed i motivi si ripetono con effetto quasi ipnotico. Suoni solo all’apparenza sconosciuti giungono all’orecchio puri nella loro invisibile entità. Una perfetta padronanza tecnica, una loquace versatilità nel riprodurre i rumori, una magistrale capacità d’improvvisare, il compositore infatti lascia ampio spazio ai musicisti, e la musica eseguita dall’ Accademia Neue Musik Bolzano fluisce nell’atto della sua creazione.

I passaggi ritmici simultanei del percussionista Florian Grossrubatscher sembrano frammentarsi in pulsazioni acuminate che mostrano la debolezza del tiranno. Il pizzicato con glissando del violino e del violoncello suonati rispettivamente da Xhoan Shkreli e da Esther Saladin amplificano la realtà, è come se ne ascoltassero il fremito e lo riproducessero in deflagrazioni sensoriali. Suoni smodati, ampliati dilatati, prendono corpo tra gli acuti del clarinetto di Yvonne Rigger e l’ossessione logorante sembra toccare ogni nervo di un re spoglio del suo credo e della sua potenza.

Note diverse suonate allo stesso tempo polverizzano le parole, le stesse che veicolano l’inconscio verso la razionalità, una peripezia della realtà in sequenza turbinosa. Rumori che appartengono alla vita reale un ricordo per il re che lo accompagna fino alla fine, alla presunta ribellione del popolo, alla presa del palazzo mentre la sua fuga nelle segrete è lucido delirio della mente ormai in pieno possesso di un rumore che ritorna: ascolta!

La vita frenetica e poetica si apre a nuovi universi, il pianoforte di Peter Valentovic accompagna, segna e segue l’andamento, poi lo spartito lentamente volge al silenzio, si spegne l’eccitazione e il tiranno ricordando e riconsiderando le cose rimane ancorato nel sogno o nella veglia di un passato che ritorna e lo consuma. Il domani si apre a nuovi ascolti, voci dal di dentro che disegnano il futuro.

di Antonella Iozzo
© Produzione riservata
   (10.02.2012)

Immagine: The Tyrant , Michael Bennet foto Franco Tutino

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