Confessioni sensoriali

Confessioni sensoriali. Cipria, sesso sfrenato, benzina, figurine panini, carruba birmana: sommelier e critici famosi d’Italia confessano il sentore più curioso percepito in un bicchiere di vino.
Redazione 

profumi-vinoVerona – Il primo fu, neanche a dirlo, Luigi Veronelli, gettando scompiglio per l’idea che il vino “non fosse solo vino” e per l’assoluta libertà di linguaggio che si può usare nel descriverlo. La stessa che fa dire un sentore di cipria o sesso sfrenato, di Coccoina e di gambo di ciclamino spezzato, di benzina o di canfora, ma anche di figurine Panini, porro cotto, fiore bulboso e carruba birmana, fino ad un vino che ricorda David Bowie.

Sono questi alcuni dei sentori più curiosi percepiti in un bicchiere di vino dai sommelier e critici più famosi d’Italia – da Luca Gardini a Luca Martini, da Adua Villa a Paolo Baracchino, da Eleonora Guerini (Gambero Rosso) a Gigi Brozzoni (Seminario Veronelli), da Fabio Giavedoni (Slow Wine) a Enzo Vizzari (L’Espresso), da Franco Ricci (Bibenda) a Luca Maroni (Annuario dei Migliori Vini Italiani) fino al wine communicator Ian  D’Agata – e “confessati” a Vinitaly, la più importante rassegna internazionale dedicata a vino e distillati, in programma a Veronafiere dal 6 al 9 aprile (www.vinitaly.com).

Pietra focaia, cuoio, punta di matita, sangue, pelliccia bagnata, peperone grigliato: il lessico della critica e della sommellerie enoica, tra sentori animali, legnosi, balsamici, chimici, eterei, floreali, fruttati, speziativegetali ed empireumatici – nella loro classificazione classica – è ricco di sfumature, a volte strane e divertenti, ma, c’è da dire, di impatto e capaci di accendere la curiosità. Anche se, dicono critici e sommelier, oggi sono le parole ed il linguaggio più semplice e vicino agli amanti del buon bere, quelli che preferiscono utilizzare. Tuttavia, racconta Luca Gardini, il sentore più curioso avvertito dal sommelier Campione del mondo nel 2010, è la cipria, in una degustazione di vecchie annate di Barolo: «In una vecchia annata di Barolo di Serralunga – spiega – ho sentito questa nota polverosa e leggermente aromatica che mi ha ricordato la cipria».

Qualche volta avverte «il profumo di sesso sfrenato», confessa Paolo Baracchino, libero appassionato degustatore e assaggiatore del Grand Jury Européen: «L’ho sentito in uno Champagne, un Pinot Meunier in purezza. Altre volte ho sentito la colla Vinavil, spessissimo sento la Coccoina, un insieme di latte di cocco e di mandorla, altre volte ancora, il gambo di ciclamino spezzato, al naso, che rende l’idea di un’acidità spiccata».

Tra i sentori in assoluto più curiosi, le figurine Panini in un vino campano, ricorda Eleonora Guerini, curatrice della Guida Vini d’Italia del Gambero Rosso: «Un odore molto particolare, non la colla generica, è proprio l’odore delle figurine Panini, qualcosa che ha a che fare con la colla, ma in quel modo unico».

«Una delle cose peggiori che ho sentito è un odore di porro cotto, di minestrone – dice Gigi Brozzoni, alla guida del Seminario Permanente Luigi Veronelli – in un vino rosso, non giovanissimo, ma neanche troppo vecchio da giustificarlo. Piacevoli, invece, gli aromi di iris, di giacinto, di fiori bulbosi, molto dolci e carezzevoli. Ma una delle cose amo di più nei vini, è quando sento un po’ di tabacco o di cuoio: mi sento a casa, tranquillo, rassicurato». D’altra parte, se un vino ha un difetto, i suoi aromi possono essere davvero sgradevoli. «Ma la cosa che ti sorprende di più – sostiene Luca Martini, sommelier Ais-Associazione italiana sommelier, miglior sommelier al mondo in carica per la “World Wide Sommelier Association” – sono i sentori di pregio che si ritrovano nella vita quotidiana, come l’idrocarburo in un Riesling, mi affascina molto, un sentore quasi di petrolio, di benzina, che identifica la territorialità».

Ci sono poi impressioni che ti fanno andare indietro con la memoria, «come quel sentore che ho percepito una volta in un Verdicchio» racconta Fabio Giavedoni, curatore della guida Slow Wine: «Mi ricordava l’odore che sentivo da ragazzino tra i giocatori di una squadra di calcio in cui militava mio zio, un odore fortissimo che mi piaceva tantissimo e non ho mai capito che cosa fosse. L’ho sentito in questo vino, e poi ho capito che era odore di canfora, utilizzando un prodotto per scaldare i muscoli».
E se per il direttore delle Guide de L’Espresso Enzo Vizzari è «il perfido sapore di troppi vini cosiddetti naturali», Franco Ricci, alla guida di Bibenda e della nuova Fondazione Italiana Sommelier, ricorda quella volta che ha sentito un fortissimo sentore di eucalipto, poi ha girato la testa ed il vigneto era accanto proprio ad un enorme bosco di eucalipto: «Questo episodio – spiega – mi ha fatto riflettere su quanto la terra influisca nel sentore dell’uva, sul territorio che è la vera ricchezza del nostro patrimonio vitivinicolo».

Con il vino, del resto, ci vuole un approccio serio, ma senza farlo diventare noioso: un sentore strano e veramente tipico, percepito dal wine communicator Ian D’Agata (curatore di Vinitaly International Academy, iniziativa educativa rivolta agli operatori del settore all’estero) in un vino bianco di Puglia è una nota intensissima di curry: «Sembrava di aver mangiato un piatto speziato, sembrava pollo al curry».
Il sentore «più pazzesco», avvertito da Luca Maroni, critico e autore dell’Annuario dei migliori Vini Italiani, è il richiamo all’ananas in un vino bianco italiano, l’Idem 1998 di Feudi di San Gregorio: «Scrissi proprio: siamo su un altro pianeta, il pianeta del frutto ananasso. Perché in quel momento era un vino anni luce davanti agli altri».

«Sono sempre andata contro la filosofia dei sentori che mettono in imbarazzo e allontano le persone che ti stanno seguendo – dice la regina delle sommelier e volto noto del piccolo schermo Adua Villa –; ci possono essere, ma sono veramente per grandi intenditori. Una volta ho sentito un collega parlare di sentore di carruba birmana: mi sono permessa di prendere il telefono. Però – confessa –, sono strana da un altro punto di vista perché mi piace giocare molto sui sillogismi tra musica e vino: David Bowie, eclettico, trasformista, e la sua musica mi fanno ricordare certi vini eclettici, che si trasformano nel bicchiere».

Glossario delle “Confessioni sensoriali” di critici & sommelier
Cipria: nota polverosa e leggermente aromatica
Sesso sfrenato: lasciato all’immaginazione…
Vinavil: una sensazione di chimico e di plastica
Coccoina: un insieme di latte di cocco e di mandorla
Gambo di ciclamino spezzato: rende l’idea di un’acidità spiccata
Figurine Panini: ha a che fare con la colla, ma in quel modo lì unico
Porro cotto: odore di minestrone
Fiore bulboso: aroma dolce e carezzevole
Tabacco & cuoio: ci si sente a casa, tranquilli, rassicurati
Benzina: un aroma di idrocarburo e petrolio
Canfora: un odore che ricorda il passato
Perfido: sapore di alcuni vini cosiddetti “naturali”
Bosco di eucalipto: la terra che interviene nel sentore dell’uva
Curry: come mangiare un pollo al curry
Ananasso: “siamo su un altro pianeta”
Carruba birmana: chiedetelo ad un collega
Vino David Bowie: eclettico, si trasforma nel bicchiere

 

    Redazione
(23/03/2014)

 

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