Sakè, travel culture. Dall’allure di Merano al fascino del Giappone

The spirit of Sakè, conquista l’Occidente ed entra al 52° Congresso Nazionale dell’AIS a Merano. Suwi Zlatic ci conduce in un viaggio nel mondo del sakè. Tutto inizia con il riso bene primario in Sol Levante in tutte le sue declinazioni.

di Antonella Iozzo

Merano (BZ) – Sakè, travel culture, dall’allure nordica di Merano al fascino timeless del Giappone. Merano per 4 giorni location d’eccezione per il 52° Congresso Nazionale dell’AIS, degustazioni, incontri, workshop e piacevoli estensioni sull’orizzonte del wine & spirit. Un mondo vibrante, emozionante, entusiasmante dai risvolti socio-culturali ed economici da leggere trasversalmente per un’interpretazione profonda e reale delle nuove dinamiche del reale, dei gusti e delle tendenze.

Miti e tradizioni vs tradizioni innovative. È un mondo che si muove rivelando il molteplice nelle sue tante sfaccettature, un orizzonte infinito che ridefinisce i canoni del lifestyle e della cultura.

Essere cult è di moda, essere protesi alle novità un indole che detta la moda, anche nel bere degustando l’identità di Paesi lontani ma anche molto vicini a noi.

Il Sakè rivela molto di tutto ciò scoprilo è un viaggio coast to coast da Merano in Giappone con Suwi Zlatic, Miglior Sommelier d’Austria 2014 e Sakè Educator, nel workshop “Un viaggio nel mondo del sakè”

Scegliere Sakè dalla menu wine & cocktail è trend, ci trasporta subito nell’appeal internazionale, ma per essere davvero trend è necessario saper interagire con la cultura e le tradizioni che vi sono dietro. Nel suo nome l’origine che fa la differenza, infatti, Sakè significa semplicemente alcool, ecco perché quello che noi occidentali chiamiamo Sakè i giapponesi lo indicano come nihonshu, che letteralmente significa «bevanda alcolica giapponese», cioè quella ricavata dal riso o meglio dalla fermentazione del riso, e la sua gradazione alcolica varia in media tra i 15 e i 18 gradi. Similitudine con il vino che lo rendono unico e diverso, nella sua essenza il feeling che coniuga i due mondi, quello del Sakè e quello del vino, è sottile, ricco di storia, varcare la soglia equivale a respirare il sapere artigianale che diventa arte nel gesto dell’uomo.

SSuwi Zlatic ci conduce in un viaggio a ritroso nel tempo, la storia del sakè, infatti, risale al 300 a. C., come risulta dalle prime testimonianze trovate in un antico documento, il Gishiwajiden. Pur essendo prodotto in tutte le 47 prefetture del Giappone, le migliori zone per la produzione del Sakè sono sette e sono concentrate vicino Kioto.

Semplice, naturale, salutare, qualità molto apprezzate anche dalle geisha che lo utilizzavano come elisir di bellezza. Qualità dovute alla sua composizione, riso, acqua, koji, un enzima che induce alla saccarificazione del riso. Insieme al riso l’acqua riveste un’importanza fondamentale per la produzione del Sakè. Non tutte le acque sono uguali, solo alcune hanno le proprietà necessarie affinché questa particolare bevanda diventa un nettare armonico e gradevole. Ed è l’acqua di Kobe, l’acqua perfetta per un risultato che esalta le caratteristiche organolettiche del Sakè nella sua raffinata e naturale eleganza. Una regione conosciuta a molti per produzione della pregiata carne di Kobe, ma che detiene anche il primato della miglior acqua per la produzione del Sakè.

Quando il fascino d’Oriente chiama il Sakè risponde e perfino il racconto sul processo produttivo diviene esperienziale. Tre semplice ingredienti, tradizione, attenzione alla qualità. Tutto inizia con il riso bene primario in Sol Levante in tutte le sue declinazioni. Al riso privato, ovvero “pulito” dagli strati esterni ricchi di proteine e grassi, viene aggiunto il koji che converte l’amido di riso in zuccheri fermentabili. L’impasto di koji, acqua e riso al vapore, messo in una vasca con altro riso e acqua lasciata fermentare per circa quattro settimane con l’aggiunta di lievito. Il mosto ottenuto ha un contenuto alcolico di circa l’11%. Inizia una seconda fermentazione della durata di circa sette giorni. Dopo aver riposato per un’altra settimana, il sakè viene filtrato, pastorizzato e imbottigliato.

Ma non tutti i Sakè sono uguali una prima classificazione viene fatta in base a quanto il riso viene levigato, cioè quanto di un chicco di riso rimane dopo il processo di levigatura.

A ciascuno il suo nome per esempio Daiginjo e Junmai Daiginjo meno del 50%; Ginjo, Junmai Daiginjo, Tokubetsu Junmai, Tokubetsu Honjozo, meno del 60%. In alcuni casi si aggiunge alcol etilico come nel Ginjo. Il Junmai invece ne è privo “Junmai” in giapponese significa letteralmente puro riso.

Durane la degustazione condotta da Suwi Zlatic ne saggiamo diverse tipologie come il “Fukuju Awasaki Sparkling” è la versione bubbles del Sakè, un po’granuloso, fresco, leggermente dolce e delicato, ideale per il palato europeo. Molto indicato per il sushi o per i crostacei.
L’Amabuki Strawberry Blossom, invece, è un Sakè non pastorizzato preparato con lievito dai fiori di fragola, al palato è dolce e ricorda le bacche rosse.

The spirit of Sakè, conquista l’Occidente ed entra prepotentemente sulle tavole di molti ristoranti gourmet. Gli abbinamenti sono contemporanei, raffinati, fuori dai soliti schemi, esaltando il cibo, completando una sinfonia culinaria, che svetta verso l’armonia, di fragranze e profumi.

E se degustiamo l’“Hanatomoe Nature x Nature” caratterizzato da un grande equilibrio fra dolcezza e acidità, ci accorgiamo di come dal calice al piatto la curva del gusto incede in morbide volute di garbo e grazia. Quasi un gewurztraminer aromatico e sensuale quanto basta. Esattamente come il “Katsuyama Lei Sakè”, quasi ideato per la cucina francese. Il suo umami ricco ed intenso ma armonioso conquista ogni cellula trasportandoci nel piacere del convivio e del gusto.

Stili, gusti e colori, si parte dal bianco candido e si arriva al rosso accattivante. Ed il riso non fa eccezione. Il “Kamaman Red Rice”, un rosé prodotto da riso rosso e fermentato con petali di rosa. Piacevole, ma che attrae più la vista che il palato.

È il “Ninki Yuzu”, sul finale che amplifica le prospettive dei sensi. Intenso, sagace e loquace per la sua caratteristica acidità agrumata dovuta allo yuzu. Semplicemente fantastico per un aperitivo, un’esplosione al palto che prepara le papille gustative al viaggio gastronomico che ci attende. Ninki Yuzu like a chill in the air. Un meraviglioso brivido che invita a vivere esperienze senza confini, basta coglierne il carattere e la personalità.

Brividi a varie temperature: fresco, a temperatura ambiente o caldo, dipende per lo più dal gusto e dalla stagione ma il Sakè freddo o a temperatura ambiente va pe la maggiore. Un’altra sua caratteristica e il packaging, bottiglie molto grandi. Ma come nell’arte di servire il tè, è al momento della degustazione che rivela la sua natura orientale. Viene versato in piccoli recipienti di ceramica simili a vasi, noti come tokkuri, insieme a piccoli bicchieri chiamati choko. Molto tradizionale per bere il sakè e la famosa scatola di legno, conosciuta in giapponese come masu.

In occidente viene servito molto spesso in calici da vino. Cambio di stile che non tradisce la sue peculiarità organolettiche e la sua voce interiore che parla di tradizione e cultura. Just closer to our mood. Merano, DNA europeo, visione internazionale, apertura wine & spirits per viverre tutte le declinazioni del 52° Congresso Nazionale AIS.

http://sakesommelieracademy.com/

 

di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (09/11/2018)

 

 

Bluarte è su https://www.facebook.com/bluarte.rivista e su Twitter: @Bluarte1