Centenario Burri nella Grande Mela

A New York si celebra il centenario di Alberto Burri. Una mostra alla Ierimonti Gallery e  al Guggenheim. Il merito del pittore è stato quello di portare la vita nell’arte attraverso dei materiali come i sacchi di juta, che erano consunti. Burri “introduce il fuoco come elemento quasi metaforico e primordiale.

Redazione

BurriNew York  celebra il centenario di Alberto Burri. Nato nella piccola città umbra di Città di Castello, Burri trascorse una infanzia serena al fianco del padre, un commerciante di vino, e della madre, un’insegnante nella scuola primaria. Dopo le scuole secondarie a Perugia, non ancora 21enne Burri falsificò i documenti per fare il servizio militare prima del compimento dell’età necessaria. Ciò lo portò in Etiopia il 9 novembre 1935. Tornato a casa, l’uomo portò a termine i suoi studi in medicina laureandosi il 12 ottobre del 1940, due giorni dopo l’ingresso dell’Italia nella Seconda guerra mondiale. Spedito in Libia nel marzo del 1943 come medico, l’8 maggio si arrese di fronte alle forze britanniche che lo consegnarono agli americani nel 1944. Da quel momento fino al suo rilascio, fu prigioniero di guerra a Hereford, nel Texas, dove le condizioni erano estremamente dure per chi come lui era considerato non cooperativo.

In onore del centenario della nascita di Alberto Burri, sbarcano a New York due mostre dedicate all’artista italiano. La Ierimonti Gallery inaugura l’esposizione “Alberto Burri: The Subject of Matter”, che si potrà visitare fino al 23 novembre mentre il Museo Guggenheim organizza la mostra “Alberto Burri: The Trauma of Painting” dal 9 ottobre al 6 gennaio 2016.

L’esposizione della Ierimonti Gallery presenta alcuni dei più importanti lavori dell’artista come i Sacchi, le Combustioni, le Muffe, i Cretti, i Cellotex, fino ad arrivare a un libro delle poesie di Saffo con litografie di Burri.

“Logicamente eravamo a conoscenza dell’esposizione al Guggenheim, ma il nostro intento è quello di fare una mostra che sia più di nicchia, piccole rarità come il Sacco e il Cretto. Sono opere più difficili da reperire e a un collezionista possono interessare, perché sono dei pezzi ricercati”, ha spiegato ad America24 Christian Piscitelli, curatore del catalogo della mostra e direttore delle vendite.

“Da opere così piccole, così difficili da realizzare, si possono capire quelle di dimensioni più grandi”, aggiunge Carla Piscitelli, curatrice della mostra.

Il pubblico americano conosce l’opera di Burri. “La prima personale dell’artista”, ha continuato Christian Piscitelli, “è stata a Chicago nel 1953, agli albori della sua carriera. Possiamo dire che gli americani l’hanno capito prima degli italiani soprattutto in una delle serie più importanti, quella dei Sacchi, che rappresentavano un monumento della crisi. Nel 1955, anno in cui si sposò con l’americana e ballerina Minsa Craig, fece altre personali a New York, a Spring e in Colorado. Realizzò un’opera importantissima per il museo di Los Angeles: un Cretto gigantesco nero. Ha sempre avuto una forte connessione con l’America e con gli americani, anche se poi lui non amava particolarmente questa terra a causa dell’esperienza vissuta”.

“Tutto il lavoro di Burri è proiettato sulla crisi del materiale e sulla crisi storica del dopoguerra. La parola che più rappresenta tutti i lavori di Burri è la consunzione. Come anche nei Cretti, che sarebbe la terra svuotata dall’acqua, il residuo solido di una terra depauperata”, ha detto Christian Piscitelli.

“Il merito del pittore è stato quello di portare la vita nell’arte attraverso dei materiali come i sacchi di juta, che erano consunti. Quella che prima era la consunzione della vita, ora viene fatta con il fuoco che accelera il logorarsi della materia”, ha continuato il curatore del libro della mostra spiegando che nella Ierimonty Gallery è presente una combustione su carta con cui Burri “introduce il fuoco come elemento quasi metaforico e primordiale”.

In parallelo alle opera uniche, Burri ha ampliato la sua produzione attraverso la grafica. “Esistono due tipi di grafica quella originale, creata dall’artista, e la rappresentativa, che equivale alla trasposizione in grafica di un’opera unica preesistente. Tutte le combustioni sono state riprodotte da Walter Rossi e Eleonora Rossi, della stamperia 2RC, che – ha concluso Christian Piscitelli – hanno stampato tutte le sue opere in grafica tridimensionale”.

 Redazione
(03/10/2015)

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