Marco Pandolfi

Marco Pandolfi nell’ultimo tour negli Stati Uniti, maggio-giugno 2012,è stato uno dei protagonisti del Simi Valley Cajun &Blues Festival in California. Un Bluesman dal forte e sensuale magnetismo sonoro

MarcoPandolfiSe le vibrazioni di ciò che è la vita si condensano in suono, nasce il blues. Se gioia, dolore, nostalgia sentimento s’incontrano e danzano nel respiro di un’armonica non possiamo che trovarci dinanzi al sensuale magnetismo sonoro del bluesman Marco Pandolfi, presente da venti anni sulla scena blues internazionale. Nel ultimo tour negli Stati Uniti, maggio-giugno 2012,è stato uno dei protagonisti del Simi Valley Cajun &Blues Festival in California con bluesmen del calibro di James Cotton, Paul Oscher, Kim Wilson, solo per citarne alcuni.
Quando e perché l’armonica è diventato il suo strumento?
Ho iniziato a suonare la chitarra prima dell’armonica, da bambino. Successivamente ho cominciato a suonare l’armonica con un reggi-armonica accompagnandomi con la chitarra. In quel periodo mi sono avvicinato alla musica folk americana e naturalmente a Bob Dylan.
Poi, seguendo un percorso a ritroso, ho scoperto il blues e quando ho visto per la prima volta un armonicista suonare blues dal vivo sono stato letteralmente rapito.

È stato l’unico bluesman italiano ad aver partecipato per ben due volte all’International Blues Challenge di Memphis in Tennessee, al Delta Groove All Star Blues Revue di Clarksdale Mississippi e al Rocky Mountain Harp Blowdown di Denver in Colorado. Ci vuol brevemente parlare di queste esperienze?
Esperienze fantastiche! Mi hanno dato molto, mi hanno fatto conoscere negli Stati Uniti e mi hanno aiutato ad acquisire una certa consapevolezza.
Ho conosciuto il blues da ragazzino ascoltando i dischi e poi imparando da chi aveva iniziato prima di me. Però un conto è ricevere le pacche sulle spalle e gli incoraggiamenti da parte degli amici e un conto è essere invitato a suonare negli Stati Uniti, dove il blues è nato e si è evoluto.

Bluesman si nasce o si diventa?
Bella domanda. Non lo so. Se per bluesman si intende un musicista che suona blues, allora probabilmente lo si diventa. Ma suonare blues vuol dire tutto e niente, tecnicamente tutti possono suonare blues. Il blues però è più feeling che tecnica e quindi per raggiungere un certo livello si deve avere qualcosa in più. Non sono sicuro che questo qualcosa in più lo si possa acquisire. Magari affinare si.

Blues: musica nera che ci riporta in Louisiana, sulle sponde del Mississippi, a New Orleans …
Si, ma non solo. Chiaramente è una musica nata nel sud degli Stati Uniti ma il blues ha poi seguito le popolazioni nelle loro migrazioni, si è evoluto ed ha acquisito caratteristiche geografiche precise.

L’armonica per la musica “colta” è uno strumento considerato inusuale, non c’è mai stata una didattica istituzionalizzata, secondo Lei per quale motivo?
E’ uno strumento che è sempre stato utilizzato nella musica popolare. Il fascino dell’armonica è anche questo. E’ comoda, si può tenere in tasca e suonarla quando e come ci pare. Chiaro che poi suonarla bene è un’altra cosa ma l’aspetto ludico in uno strumento come l’armonica è ancora più evidente. Tutti nella loro vita hanno provato a suonarla … più o meno tutti.
Magari un giorno arriverà anche una didattica istituzionalizzata per armonica.

Pensa che vedremo mai, presso i conservatori, una cattedra dedicata all’armonica?
Si, forse si arriverà anche a questo, chissà. L’armonica è uno strumento che ha molte potenzialità, molte di più di quelle sperimentate fino ad oggi. E’ nata come strumento popolare ma oggi viene utilizzata anche per suonare la musica classica. E’ sorprendente!
Se invece vogliamo parlare di una cattedra al conservatorio dedicata all’armonica blues, allora la vedo molto più difficile. Troppo spesso lo studio della musica al conservatorio è molto simile alla matematica e i giovani che si diplomano al conservatorio non riescono a suonare se non con uno spartito davanti. Ecco … il blues è tutt’altro.

L’armonicista Gianluca Littera ha accorciato le distanze tra il mondo classico a quello jazz , una strada da seguire?
Perché no? Lui fa un gran lavoro e molti altri musicisti cercano di accorciare le distanze tra i vari generi. Ma non è il mio caso. Non sono in grado di farlo.

E’ più importante la musica o lo strumento?
Sicuramente la musica. Io continuo comunque a rispondere in base alla mia esperienza nel blues. Lo strumento è appunto uno strumento.

L’espressività dell’armonica e le sonorità della sua anima come si amalgamano?
Immagino a caso! Non c’è un calcolo. Suono quello che mi piace e che mi fa stare bene. Quando questo fa provare qualcosa a chi mi ascolta siamo sulla buona strada.

Ogni esibizione cosa rilascia in Lei?
Ogni esibizione è diversa ed ha una storia a sé. Il pubblico non è mai lo stesso e reagisce in modo diverso ogni sera. La difficoltà sta nel riuscire ad intuire tutto questo ed a comportarsi di conseguenza.
Se si riesce ad entrare in sintonia con chi partecipa in qualità di ascoltatore al concerto si crea una particolare energia positiva che fa bene a tutti.

Da dove nasce il feeling con gli altri musicisti durante un concerto?
Quando capita, nasce innanzitutto dal fatto di parlare lo stesso linguaggio. Ma questo non basta, bisogna sentire le cose allo stesso modo e poter intuire il modo in cui gli altri musicisti traducono in musica le loro idee.

Al Gran Can di Pedemonte, Verona, l’abbiamo vista duettare con Tonky de la Peña …
Ho conosciuto Tonky anni fa in un festival in Francia ed ho suonato con lui in Spagna in diverse occasioni. E’ un gran musicista con una grande conoscenza del blues. E’ sempre un piacere dividere il palco con lui.

Che cosa la può ancora far sognare, oggi, nel blues?
Tante cose! Spero di continuare a suonare con grandi musicisti e ad avere sempre la possibilità di viaggiare suonando la musica che amo.

Che cos’è il blues, per Lei?
Tradizione. Un genere musicale rigoroso che però lascia la massima libertà di interpretazione. Feeling.

Prossimi progetti?
Molti concerti: da solo (con chitarra e armonica), in duo e con la band.

Marco Pandolfi in tre aggettivi
GRATO (a Voi per l’intervista)… Gli altri due facciamoli trovare a chi ascolta i miei concerti

di Antonella Iozzo©Riproduzione riservata
                   ( 16/12/2012)

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