MJ The Musical, un volo planare sulla vita di Michael Jackson

MJ The Musical, Myles Frost rende un’interpretazione drammaticamente visionaria. Riesce a far rivivere il Re del Pop – moonwalk, con una presenza flessuosa ma imponente, con una voce delicata ma carica d’intensità, con una personalità musicale complessa e impetuosa.

di Antonella Iozzo

New York – Un nuovo modo di leggere la storia delle storie quella di Michael Jackson attraverso il nuovo musical “MJ”, al Neil Simon Theater, Broadway, New York.
Diretto e coreografato da Christopher Wheeldon, lo show è un esplosione di verve ed intensità che risuonano come battito vitale nel suo ambiente naturale: la sala prove. È qui, in questo luogo carico di tensione emotive che Jackson, insieme ai ballerini, cantanti di supporto e band, sta per concludere la preparazione del suo tour Dangerous del 1992, una maratona di 15 mesi in quattro continenti.

MJ, scritto da Lynn Nottage vincitrice del Pulitzer, è una carismatica e d energica performance che catalizza l’attenzione sviluppando e ponendo al centro dello show la carriera di Jackson. Un’esilarante sfilata di successi, momenti vocali salienti che volgono lo sguardo dentro la vita del protagonista, mostrandone i demoni, ma senza enfatizzarli troppo. È un ritratto di Michael Jackson capace di emergere da ogni tragedia, a volte eterno bambino, a volte eroe trionfante, ma sempre unico e diverso.

MJ The Musical, come un volo planare sorvola quindi le famigerate storie dei tabloid: dalla camera iperbarica, al suo naso che scompare, dal processo per molestie alla sua morte per un cocktail di farmaci da prescrizione nel 2009, e scuote gli animi con la sua potenza musicale evocativa, intima, catalizzante. Emerge il rapporto teso del cantante con i giornalisti, stampa identificata con gli zombi in “Thriller”, e quanto i nostri giudizi siano stati mediati dalla stampa. Ecco allora risolta la questione dagli interventi di chirurgia plastica (“Questa è Hollywood”, dice Jackson. “Chi non ha avuto un nuovo naso?”) o la cattiveria di suo padre che viene così giustificata: “La mia mano non è così pesante come il mondo sarà sul tuo culo nero se esci dalla linea”.

 

MJ, interpretato da un eccezionale Myles Frost, continua d apportare modifiche al suo show mentre a sua insaputa, il suo tour manager, Rob (Apollo Levine, che funge anche da Joe Jackson), ha permesso a una giornalista di MTV, Rachel (Whitney Bashor), e a un cameraman, Alejandro (Gabriel Ruiz), di filmare le prove.

Frost è MJ, cantando “Beat It” mentre entra in scena, regala al pubblico una visione perfetta, giacca nera, broccato dorato, fedora inclinato, calzini bianchi accartocciati fino alle caviglie. Un mimetismo che suscita meraviglia e incalza l’immaginazione.

La personalità musicale di MJ è complessa e impetuosa, è un fiume in piena, sempre protesa alla ricerca di nuove nuance, nuove collisioni empatiche, crea tensione fra i ballerini oberati di lavoro, ma i loro movimenti sono sinuosi, flessuosi accarezzano il ritmo e poi lo trasformano in ellissi fluttuanti molto, piacevoli da guardare.

La preparazione del tour è snervante e costosissima, intanto Rachel s’insinua nella mente di MJ che inizia a riflettere sulla sua vita, suggerendo diverse sequenze di flashback in Technicolor senza soluzione di continuità come leggere ombre su ciò che ora sappiamo sulla sua vita. È come guardare dentro uno specchio e scoprire un’intime e riflessiva realtà che ci è appartenuta, ecco allora che troviamo il piccolo Michael, interpretato magistralmente da Christian Wilson nei Jackson 5, convinto sotto i riflettori dai suoi fratelli maggiori, dal padre violento Joe, interpretato anche da Levine, e dalla docile madre Katherine, una splendida Ayana George, la cui voce dona ampio respiro, ad un’articolazione melodica decisa ed aggraziata.

 

Un rapporto quello del giovane Michael con i suoi fratelli molto tormentato al quale si aggiunge la crescente tensione con suo padre Joe e la devozione per sua madre Katherine. Flashback elegantemente messi in scena e rafforzati dalla straordinaria illuminazione di Natasha Katz.

I ricordi del padre Joe perseguitano Michael durante le sue prove, spingendolo a chiedere di più alla sua troupe come a se stesso. Una ricerca di perfezione che, suggerisce il musical, è animata dal desiderio di approvazione da parte del padre.

Un percorso a ritroso, introspettivo che parla di sentimenti, situazioni, sensazioni. Tutto è dentro e fuori con i Soul Train con il loro battito, il loro ritmo perfetto e poi l’adolescente Michael, un notevole Tavon Olds-Sample che esplode di energia creativa e insicurezze. Pulsazioni al fondo dell’esistenza in movimenti e registri vocali scandite da velocità e sinergiche esibizione e poi Quincy Jones (John Edwards), e le performance di Frost che includono le classifiche dell’era MTV come “Bad”, “Billie Jean”, “Man in the Mirror” e “Thriller”

È un vivere il battito vitale, è sentire listante nel suo divenire e irrompere attraverso i successi di icona, una pop star capace di lanciare un seducente incantesimo. Tutto è potenza visiva, sensoriale e introspettiva, la musica irrompe, la scenografia divampa come nella rivisitazione di Thriller un carnevale infestato dai demoni psicologici di MJ. Sequenze di un film folgorante che immerge il pubblico in una dimensione altra.

 

Tutto è immersione totale nella mente e nell’animo di MJ, ogni cosa è esplosione ed implosione nella magnifica espressività del sound design di Gareth Owen, che ha reso stratificazione profonda e intensa il basso, e ancora l’orchestrazione e l’arrangiamento di Jason Michael Webb e David Holcenberg, le luci di Natasha Katz e i costumi di Paul Tazewell in Technicolor, sono a dir poco stravaganti ma catalizzanti per una vision sul borderline dl possibile, dell’immaginifico senza ritorno.

Non c’è dubbio MJ rimane eroe e visionario creativo, anche se in chiaro-scuro, con molto tatto emergono i lati più bui della sua personalità: Jackson la stella volubile in declino, il tossicodipendente, il capo irragionevole, l’adulto stranamente infantile, il perfezionista esigente.

 

Ombra o ombre che emergono dall’alto alle quali Myles Frost rende un’interpretazione drammaticamente visionaria. Riesce a far rivivere il Re del Pop – moonwalk, con una presenza flessuosa ma imponente, con una voce delicata ma carica d’intensità e incertezze, dubbi su cosa significhi amare e vivere. La coreografia magnetica di Wheeldon riproduce fedelmente le mosse distintive di Jackson, dal famigerato moonwalk all’elegante inclinazione di 45 gradi di “Smooth Criminal”. Myles Frost è equilibrio e armonia, ritmo e pulsazione, il suo MJ è un’audace prospettiva sulle variazioni dell’esistenza che un artista elettrico, imperante e sensibile articola in una danza pura, dove solitudine, tenerezza, amore e infinite sensazioni incontrano la straordinaria musicalità della sua anima.

https://mjthemusical.com/

 

di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (28/11/2022)

 

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