Evgeny Kissin and Verbier Festival, virtuosa sinergia

Evgeny Kissin che si insinua nell’orchestra e nella direzione di Pletnev con il famosissimo Concerto No. 2 in C minor Op. 18 di Serge Rachmaninoff. Il suo viso, le sue dita, il sentimento e la ragione tutto diventa musica.

di Antonella Iozzo

Verbier (CH) – Verbier e la musica, virtuosa sinergica dal quale nasce il Verbier Festival. Verbier Festival 2018, 25 anni di successi, esperienze, grandi emozioni e performance sul fil rouge della musica.

Verbier festival che per il suo 25° compleanno indossa la profondità regale del blu e dal palcoscenico all’area esterna la sua eleganza volteggia in nastri di luce che accompagnano artisti internazionali e giovani musicisti per esplorazioni formative che guardano al futuro, dal Verbier Festival al mondo con un’immagine copertina che rimanda al legame intrinseco tra natura e musica tra le vette delle Alpi e le vette musicali, tutto il resto è l’armonia del sensibile intorno a noi basta saperlo ascoltare, toccare, guardare.

Intuito e onestà intellettuale che hanno caratterizzato il concerto della Verbier Festival Orchestra in un programma poliedrico che ha visto nella prima parte Stanislav Kochanovsky direttore, Mikhaïl Pletnev, e Lucas Debargue al pianoforte nella “Fantasia Helvetica per due pianoforti e orchestra (commissionata da Mrs. Mrs. Ljuba Manz-Lurje) dello stesso Pletnev, subito seguita dal Concerto No. 2 in C minor Op. 18 di Serge Rachmaninoff, magistralmente eseguito da Evgeny Kissin. Seconda parte interamente dedicata a Alexandre Glazounov con The Seasons, op. 67 diretta sempre da Mikhaïl Pletnev.

La Salles des combines è gremita, sul palcoscenico i due pianoforte creano l’attesa amplificando la suggestione. Lentamente in ordine sparso entra l’orchestra e la musica pende corpo diventa materia, che con l’arrivo del direttore si scioglie in liquida percezione. La Fantasia Helvetic e una composizione di Mikhail Pletnev, neo-classica, uno distillato di citazioni popolari svizzere vaghe e fugaci, fanfare, polkas ,musette fino a richiami a canzoni popolari. L’interazione dei due pianoforti è un gioco di rilanci che esplorano le retoriche musicali e le use contemporanee valenze nella personalissima interpretazione del suco compositore. Una scrittura non particolarmente complessa che Lucas Debargue esegue con disinvoltura e freschezza.

L’atmosfera cambia con l’entrata di Evgeny Kissin sottolineata dal lungo appaluso del pubblico. Kissin non tradisce il suo stile, impassibile, schivo, severo. Nessun orpello, nessuna ostentazione, Evgeny Kissin raggiunge i primi accordi del famosissimo Concerto n. 2 di Rachmaninoff. Il pianista sembra sentire, ogni nota con il suco copro, sembra che il tessuto tellurico ne erutta l’enfasi in accordi che ne amplificano l’intensità. Il suo viso, le sue dita, il sentimento e ragione tutto diventa musica. Ogni sua sensazioni, impressione ed espressione dalla dolcezza romantica, alla rabbia impulsa dettata dallo spartito diventa materica essenza sonora. Impulso musicale, determinazione ragionata che proietta sia sull’orchestra che sul pubblico. Nessuno errore solo la forza della musica la sua intensità la sua unicità interpretativa.

Il Concerto No. 2 di Rachmaninoff tecnicamente brillante e ricco di intenso lirismo in tre tempi si apre con il Moderato grandi accordi alternati ad un velluto profondo di indubbio effetto emotivo. Nell’Adagio del secondo movimento orchestra e pianoforte rilasciano una i straordinaria suggestione melodica leggermente venata da un soffio di romanticismo lunare dove la magnifica cadenza del pianoforte, si distende come un cielo stellato nel blu della notte.

L’Allegro scherzando è agile e spigliato quasi a voler metter in risalto la delicatezza di Kissin e la sua irruenza ragionata che colpisce all’improvviso la tastiera. È Kissin profondamente Kissin che si insinua nell’orchestra e nella direzione di Pletnev.

Nella seconda Mikhail Pletnev torna sul podio per il poema sinfonico The Seasons del compositore russo Alexander Galzunov. Un poema brillante, una danza che l’orchestra rende scenografica nella sua irruenza sonora, ma a volte quasi frenata da Pletnev. Il suo gesto a appare. Ma la musica incede illustrando le immagini di queste stagioni, diventa mirabolante nonostante il gesto trattenuto da Pletnev. Potenti scorci evocativi fluttuano il carattere del poema e irrompono nella sala in una mirabolante impressione che amplifica lo spaio fisico e temporale accentuandone il fascino. Il pubblico conferma con lunghi applausi.

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di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (05/08/2018)

 

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