Racconti Di-Vini

Un brindisi alla qualità, all’autenticità, a quell’essere vino in sorsi di vita da assaporare con il cuore. Racconti Di-Vini con Kate Singleton, Elena Walch, Stevie Kim, Alessandra Boscaini, Mauro Lunelli, Paolo Basso, Adua Villa, Ian D’Agata, Stefano Agazzi, Elmuth Köcher e …
di Antonella Iozzo

 

produttori-viniTrento – Bluarte celebra l’eccellenza del vino italiano insieme a noti produttori, esperti del settore, giornalisti, scrittori. Conversazioni d’autore, nel calore dell’atmosfera natalizia, che rendono ancora più intenso il valore di una vocazione enoica capace di esprimere l’italianità nel calice. Un parterre d’eccezione ad iniziare dalla giornalista e scrittrice Kate Singleton. L’Italia del vino dal suo punto di vista come scrittrice e come donna? “Personalmente trovo affascinante la diversità dei vini italiani: la ricchezza dei vitigni autoctoni e la grande varietà di vini che rispecchiano paesaggi diversi. Ammiro anche l’impegno e la dedizione di chi produce vini memorabili in posti difficili, ad alta quota, su pendii scoscesi o in zone soggette a fenomeni atmosferici estremi. Poi, come donna, sono felice di vedere un numero sempre crescente di produttrici di vini eccellenti, di enologhe molto competenti, persino di cantiniere”.

Continuiamo con Ian D’Agata, grande comunicatore di vino e direttore scientifico di Vinitaly International Academy. Ian, territorio, tradizione, gesti che parlano del sentimento del vino… “Il vino è soprattutto cultura perché mentre ogni sorso ti rimanda al vissuto del produttore, alla storia della sua famiglia, alla zona di provenienza; poi, è anche un momento di grande edonismo perché ha delle espressioni di colore, di profumo e di sapore più unici che rari.” È un modo per assaporare le varie sfumature e insieme la profondità lungimirante d’imprenditori che rilanciano continuamente il settore. E proprio con un giovane produttore Franco Morando, dell’Azienda Montalbera di Castagnole Monferrato, cerchiamo di scoprire se si può gustare la vita degustando un buon vino? “I momenti più belli e piacevoli della mia vita son sempre stati nell’immediato o subito dopo accompagnati da un gran bicchiere di vino, parlo di grandi bicchieri di vino e non di etichette del quotidiano. Quindi, posso serenamente affermare che la vita può esser parafrasata come un’ottima degustazione”.

Dove armonie e contrasti, sentori e profumi, note dolci e note amarognole sembrano essere in perenne ricerca dell’equilibrio. Forse per un sommelier è più facile trovarlo in un buon vino, Adua Villa, sommelier, noto volto televisivo, può nascere un dialogo tra un vino e il sommelier durante la degustazione? “Si, tecnico fino ad un certo punto, poi completamente emozionale”. Emozione sembra essere la parola chiave, perfettamente in tema con le festività e con i vini. A questo punto mi sembra naturale chiedere a Pierangelo Plebani, Azienda La Fiorita, Franciacorta, quale sia l’emozione che incontra bevendo il suo vino? “Felicità, gioia, perché continuo ad apprezzarlo ad ogni sorso e come sé ogni volta vi ritrovassi l’essenza della famiglia, dell’azienda, dei vitigni i loro più piccoli particolari dai profumi floreali ai gusti fruttati. Solo amandolo posso comunicare al cliente, al consumatore, la sua storia, la sua naturale bellezza”.

La comunicazione è l’anello di congiunzione tra il produttore e il consumatore. Una filosofia che inizia in vigna e culmina con l’assaggio, Fabrizio Pratesi dell’Azienda Agricola Pratesi. Che cosa pensa di comunicare con i suoi vini? “Il territorio, il suo carattere, la sua autenticità, poi, spero che comunichino anche l’amore di chi li produce”. Questione di feeling e di managerialità, Wolfgang Klotz, intraprendente direttore della Cantina Tramin di Termeno, come comunica l’essenza Tramin? “Il nostro più grande comunicatore è il vino stesso, naturalmente curiamo molto la comunicazione in ogni settore”. A Termeno, delizioso e pittoresco angolo di cielo, lungo la Südtiroler Weinstraße, incontriamo la classe, la tradizione declinata in qualità di Elena Walch. Punti forza di un’imprenditrice di successo come Lei? “Avere ottimi collaboratori che credono nell’azienda e la sostengono con entusiasmo”.

Altra imprenditrice Romina Tonus, La Dogarina. La sua filosofia, in breve. “Puntare sempre sulla qualità e sviluppare le coordinate del mercato internazionale in modo dinamico”. Entusiasmo che a volte nasce da piccoli, a volte, invece, rimane latitante durante la gioventù per poi ritornare carico di professionalità. Cinzia Sommariva, dell’Azienda Sommariva è una giovane donna che ha trasformato i ricordi in solida realtà nel panorama del prosecco. Si ricorda la sua prima vendemmia? “Si, era il 1998 la mia prima vendemmia nel Conegliano Valdobbiadene, la ricordo perché ho anche eseguito tutte le operazioni di cantina, ho visto trasformarsi il grappolo in mosto e poi con il tempo in vino. Un percorso affascinate, impresso nella mia memoria”. La memoria molto spesso viaggia all’unisono con l’esperienza. Per Othmar Donà, l’enologo della Cantina Cortaccia, Alto Adige. Quanto conta nel suo mestiere l’esperienza? “È importantissima perché tutte le annate sono diverse. L’esperienza permette di valutare bene i problemi tecnici che si presentano di anno in anno e d’intervenire nel modo più appropriato”.

E continuiamo a rimanere in Alto Adige perché l’esperienza insieme alla cultura e alla storia è tra i punti cardini di Wolfgang Tratter, enologo della Cantina San Paolo di Appiano, “Si, Sono le direttive che uniscono la Cantina al paese e viceversa. È un coinvolgimento molto intenso e partecipativo, sempre, è una condivisione continua molto importante che apporta nuove energie e nuovi stimoli”. Sinergia d’intenti che premiano la qualità Alto Adige, ma vogliamo chiedere a Manfred Vescoli, Presidente della Strada del Vino Alto Adige, cosa rende la storia del vino e della viticultura dell’alto Adige unica e particolare? “Penso che ci siano poche regioni che negli ultimi venti anni hanno saputo apportare un cambiamento così radicale nella qualità del vino e nel sapere accogliere il visitatore. La superficie vitata in Alto Adige è di 5000 ettari, un dato che è rimasto inalterato negli ultimi venti anni, ma la quantità prodotta si è dimezzata a tutto vantaggio della qualità, certo bisogna imporsi ai viticoltori, noi, infatti, abbiamo tante cantine sociali, ma questa linea, questo sistema che punta sulla qualità, sull’eccellenza, ci sta premiando”.

Mission top quality che immancabilmente ci portano a eventi clu come il Merano Wine Festival. Per Elmuth Köcher, presidente e fondatore del Merano Wine Festival, la perfezione per Lei è un obiettivo, un lifestyle o semplicemente la normalità? “La perfezione è in primis normalità ma anche una forma di lifestyle. La perfezione è un’arte e si esprime in tutte le piccole cose di una giornata”. Un’arte che affascina e seduce all’ombra di un calice di vino, magari un calice di Brunello, ma per Alessandro Mori dell’Azienda Marroneto, Montalcino, la seduzione di un buon Brunello inizia con … “Sicuramente dal proprietario”. La modestia certo non è tra i punti forti del suo carattere. La consapevolezza invece di un vino di carattere la possiamo chiedere a Mauro Lunelli, Cantine Ferrari, Trento. Il carattere di uno spumante Ferrari? “Lo determina essenzialmente il vigneto, il territorio. Il “Giulio Ferrari, per esempio, si produce solo con uve del vigneto di Pianizza, un vigneto speciale, qualificato tale anche dai ricercatori dell’Istituto Agrario di San Michele che lo ritengono ottimale per il vino bianco”.

Dal vino al produttore, Il vino che meglio interpreta il carattere di Alessandra Boscaini Masi Agricola, Gargagnago di Valpolicella? “Il Campofiorin. E’ un vino informale, caldo, accogliente come mi auguro di essere, ma al tempo stesso è legato alla tradizione. E’ il vino che ha creato mio nonno, la prima annata è stata nel 1964, lo considerò il “figlio” di mio nonno, per cui rappresenta un valore affettivo particolare, forte”. Legami che tessano la trama di un romanzo che intrecciano al vino passioni, ricordi, nobiltà d’animo. Marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, Tenuta San Leonardo, Borghetto All’Adige, ci permetta di chiederle i suoi vini, la sua vita. “Ho dedicato la mia vita al vino. Ho studiato enologia in Svizzera, sono stato consulente di varie aziende e quando è mancato mio padre, ho preso in mano le redini della Tenuta di famiglia. Era una vera e propria azienda agricola si allevava il bestiame e si coltivavano varie colture fra cui quella del baco da seta. Era una realtà sulla via del tramonto e decisi d’intraprendere un progressivo lavoro di riconversione a favore di una viticultura bordolese. I bordolesi, sono, infatti, la mia grande passione”.

Storie in divenire che rendono grandi i vini come firmati Castello di Bolgheri, Bolgheri. Tradizione portata avanti da Federico Zileri Dal Verme, Il vino per lei cosa rappresenta? “E’ una scelta di vita. Il percorso di studi, la tradizione familiare, il crescendo della passione trasmessami da mio padre sono state le dinamiche che mi hanno portato a sviluppare questo progetto”. Scelte di vita, scelte che pulsano di tradizione evolutiva. Un dinamismo proteso verso il domani con carisma e competenza da Caterina Mastella Allegrini, Azienda Allegrini, Fumane Valpolicella. Per Caterina il vino sulla scena professionale e nella vita privata “Nella vita privata ho sempre sentito il vino più che una passione, una parte di me. Ho deciso che tutto ciò poteva diventare anche un lavoro quando per la prima volta mio zio Walter mi portò al Vinitaly. Avevo 7 anni e mi mise a servire il vino, mi è piaciuto tantissimo ma ciò che mi ha entusiasmato di più è stato il contatto con le persone, poter comunicare l’imprinting della mia famiglia”.

Calici di sapori unici tra le anse del tempo, fondamentale per il vino, Il concetto di tempo per un Barolo, secondo Ernesto Abbona, Marchesi di Barolo. “Il Barolo non ha tempo, ma ne rilascia l’essenza. Le degustazioni sono l’occasione migliore per percepirla perché godiamo del piacere, attraversiamo la storia e riviviamo i ricordi. Ogni senso ne è coinvolto perché tutto avviene dentro di noi”. Naturale quindi, poi identificarsi con un vino della propria produzione. Hannes Rottensteiner, Azienda Rottensteiner, Bolzano. Il vino con il quale s’identifica? “Il Pinot Bianco, forse perché in passato ho lavorato con la Cantina San Michele Appiano, la cantina dei vini bianchi, possiamo dire, e ho poi proseguito su questa strada quando ho iniziato a lavorare per la Tenuta di famiglia”. Ancora una volta parliamo di tradizione che si tramandano. Un valore che spesso è il sommelier a comunicare. A questa figura si affidano i gesti di una musicalità da interpretare con rispetto e competenza. Per Dennis Metz, sommelier della Locanda Margon e Ambasciatore del Metodo Classico 2014, quali sono le tre regole per comunicare un buon vino? “Conoscerlo, credere nel prodotto che stiamo proponendo, avere buone doti di comunicazione”. Secondo Paolo Basso, Miglior Sommelier del mondo 2013. Sommelier si nasce o si diventa? “Si diventa, di nascita bisogna avere sensibilità sensoriale e molta curiosità. Secondo me la curiosità è la chiave di tutto, perché ci spinge ad andare avanti, a provare, a degustare, a conoscere le novità”. Un crescendo che collima con il piacere di vivere attraverso il vino, credo che Alessandra Veronesi, sommelier del ristorante Acanto Hotel Principe di Savoia Milano, sia concorde … “Ho molto rispetto del vino, mi ha dato tanto, sia a livello professionale che umano. Tre quarti delle mie amicizie provengono del mondo del vino. Sono produttori, colleghi ecc. con i quali ho sviluppato legami profondi, oserei dire familiari prendendo spesso parte a feste e ricorrenze private”. Eventi, feste, momenti per alzare i calici. Rossi vellutati o bollicine come il prosecco secondo Alberto Ruggeri de Le Colture S.Stefano di Valdobbiadene, perché il prosecco è un vino vincente? “E’ il vino dell’amicizia e della convivialità e poi per un insieme di fattori: prezzo medio non altissimo, semplicità e facilità della beva, trasversalità negli abbinamenti”.

Parliamo un po’ dell’abbinamento del vino ad un piatto con Egon Perathoner, giovane braccio desto del sommelier Franz Lageder, presso il Ristorante Gourmet Anna Stuben , una Stella Michelin, dell’Hotel Gardena Grödnerhof. “L’abbinamento è importantissimo. Un vino o un piatto si possono esaltare ma anche penalizzare da scelte che non tengono conto delle caratteristiche intrinseche del prodotto. È fondamentale creare accordi che s’integrano vicendevolmente”. Un abbinamento perfetto con un Sauvignon Villa de Puppi, in Friuli, ovviamente lo chiediamo a Caterina De Puppi. “Un ottimo abbinamento potrebbe essere con il sushi o il sashimi, ma se rimaniamo sui piatti locali, abbinerei un Sauvignon Blanc Rosa Bosco con del baccalà mantecato”.

Parla al mondo l’Italia del vino, con produttori come Giancarlo Moretti Polegato, internazionali, per Lei come si diventa? “Credendo nel proprio prodotto, credendo in questi mercati e viaggiando per far conoscere il prosecco, in questo caso. Non si può “vendere” per telefono o per corrispondenza, si deve far degustare il vino raccontando la storia dell’Azienda, partecipando alle fiere e agli eventi più importanti. In poche parole si devono avere contatti diretti”. Gli fa eco Stefano Agazzi, presidente e wine expert di Villa Oppi, Alseno . “Si, Villa Oppi rappresenta nel mondo l’Italia vitivinicola, grazie a 15 aziende selezionate. Innanzitutto in base alla qualità del prodotto. Il nostro interesse è orientato al miglior vino d’ogni Azienda. Una qualità che deve viaggiare in parallelo con la capacità e la volontà del proprietario di esplorare un mercato nuovo adattandosi alle esigenze che questo implica”.

Conoscere il mercato internazionale e contemporaneamente promuovere l’italianità attraverso il prodotto e viceversa, come nel caso del Chinati. Giovanni Busi Presidente del Consorzio Chianti nonché produttore Secondo Lei il Chianti riveste sempre un ruolo da protagonista nella promozione internazionale della Toscana? “Il Chianti è indubbiamente una locomotiva importante per la Toscana. Se pensiamo che si distribuiscano più di 105 milioni di bottiglie, appare subito chiaro che è la denominazione più conosciuta , il binomio Chianti – Toscana poi, è, difatti, un concreto richiamo internazionale”.
Rendez-vous che si conclude con una grande professionista Stevie Kim Managing Director di Vinitaly International. A lei non possiamo che chiedere Come vede il futuro del vino italiano? “Il futuro del vino italiano dipende sempre più dall’export all’estero, a causa del crollo del consumo domestico, dovuto in gran parte anche alla concorrenza di cocktail e birre artigianali e alla diffusa convinzione tra i giovani che bere vino sia qualcosa di legato alle vecchie generazioni, lontano quindi dal loro stile di vita. Perché il vino italiano non dipenda interamente dell’export, è necessario adoperarsi con una campagna educativa che avvicini le future generazioni alla cultura del vino”.
Un brindisi alla qualità, all’autenticità, a quell’essere vino in sorsi di vita da assaporare con il cuore. Auguri!

di Antonella Iozzo ©Riproduzione riservata
                  (21/12/2014)

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